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Dimenticate i calciatori da copertina di adesso. Gianluca Pessotto è quanto di più lontano possa esserci dal prototipo del divo. Sembra più un professore che un vip, ed effettivamente in campo ha dato lezioni a molti. Con una serietà e una professionalità senza eguali, e con una storia di quelle che meritano di essere raccontate. Una storia di tenacia e sofferenza, ma con un lieto fine costante che l'uomo, oltre al calciatore, ha sempre mostrato di meritare.

LA GLORIA BIANCONERA - Pessotto inizia nelle giovanili del Milan, si fa le ossa, sopporta le difficoltà e poi si fa notare, battendo in due derby la Juventus di Lippi, che vuole fargli cambiare sponda del Po. Così, dal Torino alla Juve: inizia una storia immensa. 366 presenze, sei scudetti e tutte le coppe, Champions League del 1996 compresa, quando calcia anche uno dei rigori. Non sembrava un divo, ma era imprescindibile, sempre presente e sempre puntuale. Agli altri le copertine.

LA VITA DOPO IL CAMPO - La gloriosa carriera si conclude con il 29° scudetto. Diventa team manager, scoppia Calciopoli e qui lui compie quel gesto che anche lui ha fatto  fatica a spiegare: dalla sede bianconera, tenta il suicidio. Tutto il mondo gli è vicino, juventini e non, calciofili e non. Gli uomini come Pessotto non sono mai soli, anche se lui, forse, in quel momento, si è sentito tale. Ma la sua è una storia priva di bandiere bianche e anche in quel momento, nel peggiore, inizia la risalita. Ora Pessotto è team manager della Primavera, è parte integrante della Juve e insegna, ai giovani, cosa voglia dire indossare quella maglia ed essere uomini. Nessuno può farlo meglio di lui.

@Edosiddi