commenta

Otto gol e nove assist in ventiquattro partite, peraltro non tutte giocate dall’inizio o per intero. Miralem Pjanic, in pratica, lascia il segno in ogni incontro: con lui si comincia quasi sempre da 1-0, perché finalizza o mette i compagni nelle condizioni di farlo. Eppure, da mesi, è sommerso dalle critiche.

 

Lo hanno messo in discussione da regista basso, alla Pirlo; da interno, alla Pogba; da trequartista, in quella che è ritenuta la sua posizione naturale. Soprattutto hanno criticato la sua testa, il suo atteggiamento, la sua personalità. E’ un giocatore da Roma, hanno detto: là non sono abituati a vincere, lui non lo è e non lo diventerà.

 

A noi sembra che, in questa stagione, Pjanic sia il miglior centrocampista della Juve. Marchisio è stato infortunato a lungo e ancora non è certo al massimo; Khedira sembra spesso affaticato, si esprime in modo quasi sempre sufficiente e quasi mai eccellente. Gli altri? Senza cattiveria, ma non concorrono (Sturaro, Hernanes, Lemina, Rincon: a proposito, perché l’ex genoano, appena comprato per dieci milioni, non gioca mai?).

 

Pjanic, il perdente di successo, è decisivo quanto pochi altri centrocampisti in Serie A. E la sensazione è che sia destinato a crescere ancora, trovando la continuità di rendimento che in carriera a volte gli è mancata. Ha tutto per diventare un punto fermo della Juve di oggi e del futuro, a ventisei anni appena. In quale ruolo? In quello che serve. In queste due belle partite dei bianconeri, contro Lazio e Milan, ha giocato là in mezzo con quattro uomini offensivi davanti a sé, Cuadrado e Mandzukic, Dybala e Higuain. La Juve non ha perso equilibrio, Mire ha regalato non solo qualità ma anche stabilità. Alla faccia di tutte quelle critiche.

@steagresti