commenta
La prima uscita del nuovo anno si è rivelata esemplare. La Juventus, contro il Bologna, ha inviato un messaggio preciso e circostanziato. Un autentico manifesto programmatico, addirittura, attraverso il quale è possibile leggere e interpretare lo stesso futuro della squadra bianconera oltreché un presente ormai sufficientemente scontato.

Non voglio modificare la mia consueta linea editoriale, sicché non entrerò nel cuore di questioni tecniche o tattiche per le quali ho sempre provato suggestioni davvero modeste. Adoro il gioco del calcio non come una partita a scacchi, ma per le emozioni che riesce a suscitare a livello epidermico e interiore attraverso le sue componenti più autentiche: il gesto atletico, la genialità degli autori, l’amore per la professione, l’attaccamento ai colori della maglia che si indossa, il contorno popolare. Ciò significa vivere il calcio, attraverso i suoi protagonisti, al pari di un concerto di un film e anche di un buon libro. Chiamiamole pure emozioni.

Non intendevo divagare, ma piuttosto dare un senso all’analisi sulla recente prestazione della Juventus contro il Bologna quando mi piace sottolineare che la squadra vista all’opera l’altra sera ha fornito l’impressione di trovarsi, come in un film di fantascienza, già nel futuro prossimo da dove ha inviato una cartolina illustrata a tutti i suoi fedelissimi. Insomma, alla faccia di tutte le voglie pazze che il mercato dei piedi quasi buoni suggerisce alla fantasia del tifoso, sono convinto che il “domani” bianconero sia già “oggi” salvo opportune ma piccole correzioni dovute all’usura del tempo. Naturalmente a precise condizioni le quali non possono prescindere dall’inamovibilità di campioni autentici come Dybala, Higuain e Pjanic.

Una troika delle meraviglie, non a caso “flirtata” dalle società di mezzo mondo, in grado di mantenere il progetto-Juventus attivo e ben funzionante per almeno il tempo del classico quinquennio. Dybala che, finalmente libero da gabbie ragionieristiche, svolazza a tutto campo come una rivisitazione di Peter Pan. Pjanic la cui leggerezza di passo e di tocco lo fa talvolta apparire come un angelo in volo e se soltanto eliminasse certi narcisismi sarebbe perfetto. Higuain, solido e feroce e potente senza prepotenza, come un Pelide Achille sotto le mura di Troia. La spina dorsale, irrinunciabile, della Juventus intorno alla quale si sviluppa l’attività d un “coro” egualmente indispensabile composto da una difesa forse vecchiotta ma inossidabile, da un Marchisio che è il sigillo di fabbrica bianconero e di altri comprimari che in una squadra “normale” sarebbero primi attori. Ecco perchè difendendo e preservando questi tesori senza cedere alle lusinghe del denaro la Juventus di domani sarà pochissimo differente ed egualmente vincente rispetto a quella di oggi.

Discorso differente per quel che riguarda la guida tecnica di questa squadra. Massimiliano Allegri, che ieri sera ha superato anche Conte in quanto a numero di successi consecutivi, non ha certamente necessità di dimostrare  più nulla a nessuno sotto il profilo della bravura professionale e dell’onestà intellettuale. Eppure non ha l’espressione di un uomo felice. Teso e sempre molto incazzato, anche dopo un successo, probabilmente è consapevole del fatto che questo sarà il suo ultimo giro di giostra nel luna park bianconero. Non per demeriti o sfiducia, ma perché la linea politica e programmatica della società è sempre stata molto ferrea negli ultimi anni. Nessun allenatore può andare oltre i quattro o cinque anni di permanenza. La Juventus non avrà mai una figura di manager e ct all’inglese sulla panchina. Se lui pensa al suo futuro prefigurandoselo nel Regno Unito non ha tutti i torti. E domenica nuova puntata a Firenze dove, nella postazione dei viola, si troverà seduto Paulo Sousa. Un giovane allenatore, ormai cresciuto e ben svezzato, che è rimasto nel cuore dei tifosi bianconeri e anche il quello di Andrea Agnelli. Non è affatto escluso che sulla cartolina inviata dal futuro una delle firme sia quella del portoghese.

@matattachia