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E’ estremamente complicato rimanere calmi e trovare le parole adeguate per commentare ciò che sta accadendo intorno alla società per azioni Juventus FC e più direttamente nei confronti del presidente Andrea Agnellli e di alcuni suoi stretti collaboratori. Il deferimento ufficiale che ha colpito il vertice della dirigenza bianconera per la vicenda dei presunti contatti tra i responsabili della società torinese e loschi personaggi legati all’ngrangheta calabrese appare come un attacco sconsiderato e immotivato di una giustizia sportiva che ha smarrito il senso della realtà e del dovere trasformandosi in un meccanismo inquisitorio ingiusto. 

Un provvedimento decisamente fuori luogo perché assolutamente fuori tempo. Non occorre dimenticare, infatti, che parallelamente a quella dello sport sta indagando e agendo la Giustizia con l’iniziale maiuscola e cioè quella ordinaria la quale al momento ancora non si è espressa in attesa di ascoltare la voce dello stesso presidente della Juventus dopo aver già sentito una prima volta le memorie difensive illustrate da uno dei suoi legali. Soltanto dopo aver adempiuto al normale e dovuto lavoro di indagine verrà emessa una sentenza il cui risultato allo stato delle cose è impossibile anticipare. Cosa che invece hanno fatto, clamorosamente e inaccettabilmente, le “toghe” del Palazzo dello sport scatenando la legittima reazione di Andrea Agnelli.

Il deferimento, a livello di opinione pubblica, suona infatti come una condanna comminata a livello preventivo e addirittura a prescindere. Quasi che, presa da un attacco di isteria o di onnipotenza, la giustizia sportiva abbia intenzione di mostrarsi più sollecita e più efficiente di quella ordinaria. Un modo di procedere dalle oscure tinte kafkiane che impone una riflessione su una domanda ben precisa: chi e a chi può giovare questa nuova montagna di fango scagliata contro la società bianconera la quale ebbe già a pagare un prezzo eccessivo nel recente passato di Calciopoli non perché fosse “innocente” ma perché di fatto venne considerata praticamente da sola come la causa di tutte le malefatte del calcio italiano. L’impressione è che sia nuovamente in atto un tentativo di destabilizzare a priori, con lo sputtanamento e non con fatti concreti, un sistema “politico” che era tornato a funzionare a dovere e in modo trasparente dopo la necessaria auto rivisitazione etica e pratica. 

Il senso dei due pesi e delle due misure appare evidente. Vengono “perdonati” giocatori che si sono comportati come delinquenti o teppisti. Nessuno si chiede come possano esserci al mondi dei cinesi così imbecilli da versare trecento milioni di euro come caparra per poi mollare tutto. Di chi è e da dove arriva tutto quel denaro e soprattutto che fine farà, magari dopo un bel “lavaggio”? Il tribunale dello sport, poi, condanna e punisce un dilettante di colore per “provocazioni in campo” e non  i suoi aggressori  e neppure gli avversari che erano i mandanti. Questa è l’ingiusta giustizia sportiva oggi. Quella che ha già “condannato” Andrea Agnelli per un fatto del quale non è mai stato ufficialmente imputato. Da parte di chi e per quale motivo tutto ciò di inaccettabile accade lo verremo a sapere presto.