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Lo Juventus Club DOC di Imola nasce nel 1965, diventando uno dei punti di riferimento dei tifosi bianconeri dell'Emilia Romagna. Abbiamo aperto questo notevole album dei ricordi con Alessio Torri, referente ufficiale del club. 

Siete senza dubbio uno Juventus Club dalla grande tradizione.

“Sì, non siamo enormi numericamente parlando, ma abbiamo il vanto di essere il sesto più vecchio del mondo fra i club DOC: abbiamo compiuto 50 anni nel 2015. Da una ricerca storica, inoltre, è risultata la nostra presenza a tutte le vittorie europee della Juventus dal 1977. Tra l'altro abbiamo appena acquistato i biglietti aerei per Porto, saremo presenti in occasione della gara di andata degli ottavi, e ovviamente ci saremo per il ritorno in casa”. 

Cosa ci puoi dire dei tifosi che fanno parte del vostro Club?

“Sono persone comuni, appartenenti a qualsiasi fascia d'età.  A testimonianza della nostra correttezza, il club ha ricevuto l'incarico di referente regionale per l'Emilia Romagna assieme a Emilia Bianconera. Questo per dimostrare che, nonostante le piccole dimensioni, ci siamo sempre distinti per la nostra affidabilità. Ovviamente lo facciamo per passione: non si tratta di un lavoro, che ci porta ad avere un ritorno economico”. 

Qualche esperienza o episodio che ricordi con particolare soddisfazione? 

Posso dirti che molti dei nostri erano all'Heysel durante la finale di Champions contro il Liverpool, e dopo quella terribile notte non volevano più vedere uno stadio. Ho cercato di non farli arrendere, ho insistito e dopo 30 anni li ho convinti a tornare a vedere una partita: adesso quei tifosi sono fra i più presenti. Credo sia un segnale importante, per insegnare a tutti che in questo sport sono state scritte pagine buie che non vanno dimenticate, ma va allo stesso tempo trasmesso un messaggio diverso. Il calcio non è finito nel 1985, bisogna andare avanti e farsi portavoce di un calcio positivo”.

Visto che prima hai citato il Porto, cosa ne pensi di questa sfida per approdare ai quarti di finale? 

“Non sono particolarmente scaramantico, non mi nascondo dietro un dito: ammetto che prima del sorteggio avrei firmato per trovare i portoghesi. Poi è altrettanto vero che giocheremo a febbraio, le situazioni cambiano, c'è un mercato di mezzo e la Champions è una competizione per sua natura impronosticabile. Visto che ho viaggiato spesso e durante i miei viaggi visito sempre con piacere gli stadi locali, posso dire che il Do Dragão è una gran bella struttura”. 

Un desiderio per il futuro?

“Come club vorrei festeggiare i 60 anni, ne mancano soltanto otto ma ogni anno è come un punto zero per noi. Non possiamo dare niente per scontato e dobbiamo continuare a lavorare. Come tifoso della Juventus, mi sembra quasi scontato... Sì, ti potrei dire che mi piacerebbe vincere il sesto scudetto consecutivo, o la Coppa Italia, ma non sarei totalmente sincero. La vittoria della Champions League è quello che tutti forse ci siamo sentiti mancare con i fatti di Calciopoli, quando accadrà sarà una liberazione. E, in ogni caso, a volte non capisco gli juventini che sminuiscono il nostro palmarès. Lo ribadisco sempre, scrivendolo spesso sui nostri profili social: siamo l'unico club che ha vinto tutto in Italia, in Europa e nel mondo. Se qualcuno vuol vedere un trofeo da vicino, è nel nostro museo che deve andare, non in quello di altre società”.