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Guardare una vecchia foto. Vedersi più giovani, più belli, più forti. Cristiano Ronaldo che da solo prende l'Atletico, ricuce la ferita dell'umiliazione a Madrid, e trascina la Juventus ai quarti di finale. "Cos'eravamo", vien da pensare. "Cosa saremo mai?", subentra poco dopo. Sono passati esattamente cinque anni e tutto è diverso. Lo è in particolare la Juve, senza più un fuoriclasse a completare una squadra di campioni, senza più campioni a completare una squadra. 

Lo chiamano "processo", prendono spunto dagli americani. Di fatto è un ridimensionamento: dei conti, della rosa, naturalmente delle ambizioni, che sono sempre conseguenza di quel che hai a disposizione. Guardando a cinque anni fa, però, è difficile pensare che il rinnovamento in atto possa portare nuovamente a quei fasti. Può raggiungere dei picchi, certo. Ma mai trovare quello spazio di continuità che sembrava infrangibile. E invece era un castello di sabbia. 

Tra le piaghe del tempo, la difficoltà più lampante è stata spaccarsi su ogni questione, su ogni decisione. Sarristi e allegriani. Chi aveva fiducia in Pirlo e chi la riteneva scellerata. A un certo punto, persino Ronaldo è diventato ingombrante: prestazioni sottotono ma con gol, no, non potevano bastare. La pancia piena dà stimoli altolocati, l'abbiamo capito. 

Ma cinque anni fa, per certi versi solo cinque, era una Juventus con tutte le carte in mano, ogni possibilità raggiungibile. Si doveva perché si poteva. Si vinceva perché era inevitabile. Anche grazie a quella guida tecnica. Ricordate la formazione dello Stadium? Quella che annichilì l'Atletico? 

4-3-3. Che poi era un 3-4-3 o un 3-5-2. La mossa del giaguaro, quando aveva ancora voglia di correre più forte degli altri: Emre Can falso centrale scalfì il muro del Cholo Simeone, tenendo botta e supportando le incursioni di Ronaldo, Bernardeschi e Spinazzola. Non a caso, i tre protagonisti indiscussi e indiscutibili. 

Era una grande Juventus, quella. Ma era fatta anche dal coraggio, dalla voglia di non fermarsi al possibile, di andare sempre e comunque oltre. A partire dalla panchina.