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E ora che si dimetta. Chiedere scusa servirebbe a poco, anzi a nulla. Ma ora, Giuseppe Pecoraro dovrebbe dimettersi dal ruolo di Procuratore in Federcalcio. Perché quanto successo oggi non può essere catalogato solo alla voce 'figuraccia'. L'intercettazione tanto urlata ai quattro venti negli ultimi dieci giorni, quella che doveva incastrare Andrea Agnelli e la Juve tutta a proposito del presunto coinvolgimento consapevole con esponenti della 'Ndrangheta, non c'è e non c'è mai stata.

 

Oggi lo ha ammesso lo stesso Pecoraro (foto Globus Magazine), parlando di sensazioni e di interpretazioni, provando a salvare la faccia e l'onore quando ormai il danno è stato fatto. In alcune situazioni, forse più da film poliziesco che da vita reale, ci può anche stare il tentativo di far uscire allo scoperto il proprio nemico provando a vederne la reazione in seguito ad una provocazione pesante millantando prove inesistenti. Questo non è un film e la Juve non è cascata in un tranello dal sapor di ingiustizia fin da subito, tanto da decidere di non scendere a patti se l'accusa fosse tanto infamante: sì, sono stati commessi degli errori ma niente che potesse vedere il coinvolgimento consapevole della Juve con la criminalità organizzata. L'ha detto e ribadito subito l'avvocato Chiappero fino allo show televisivo che lo ha portato a desecretare per intero la famosa intercettazione che oggi lo stesso Pecoraro ha dovuto ammettere di avere male interpretato.

 

Intanto per oltre dieci giorni in tutto il mondo il nome della Juve è stato accostato a quello della 'Ndrangheta, alimentando un sentimento popolare pericoloso e sbagliato. Alimentato dagli sproloqui di Taglialatela o di Di Lello, così facilmente convinti dall'audizione di Pecoraro da non aver bisogno di prove che ne confermassero le accuse pesanti. Come se anche la Commissione Antimafia potesse ridursi ad uno stadio diviso a metà tra juventini e anti-juventini. Di questo Pecoraro dovrebbe rispondere, facendo un passo indietro ben oltre quello compiuto oggi di fronte all'evidenza di una cattiva indagine che sempre più sembrava avere solo l'obiettivo di screditare la Juve e non tanto quello di fare chiarezza attorno a quel cancro che rimane il bagarinaggio. Perché c'è una notevole differenza tra l'accusa di un rapporto consapevole con esponenti della criminalità organizzata e l'aver mantenuto quei rapporti prima di scoprire che tali personaggi lo fossero. La stessa Rosy Bindi ha sbugiardato Pecoraro a proposito della data di quella telefonata che fino a poche ore fa teneva in piedi quasi da sola la sua tesi, con il Procuratore della Figc che insiste dicendo ancora che non si sente di escludere la consapevolezza di Agnelli a proposito dello stato criminoso di Dominello.

 

A volte chiedere scusa non basta, a volte accettare di aver fatto una figuraccia non è sufficiente. Ora Pecoraro dovrebbe dimettersi, ora qualcuno dovrebbe imporglielo. Altrimenti vale tutto. E quando vale tutto, niente ha più valore. Nemmeno la giustizia.