commenta
La prima sensazione, nel giorno successivo a Barcellona-Juventus, è che la squadra di Max Allegri non sia riuscita a far tesoro delle esperienze passate. Le grandi squadre sanno camuffarsi, fingono di essere in balìa dell’avversario e poi attendono che questo si rilassi psicologicamente per trafiggerlo con il giocatore più importante.

Era invece la Juve a dover fingere di essere “morta”, giocando più all’italiana: certe formazioni non possono essere affrontate alla pari. Ma il discorso rischia di rimanere sul piano filosofico. Perché - all’atto pratico - quando hai di fronte un campione come Messi, o lo accompagni all’altare come il padre accompagna la sposa, oppure lo ingabbi. Eppure la Pulce blaugrana assomiglia in realtà ad un leone: puoi ingabbiarlo, ma se non hai la frusta ti azzanna comunque. Insomma, certe partite dovrebbero essere giocate letteralmente “dieci contro dieci”.

Ovvio che con tanti giocatori infortunati - pedine caratterialmente molto forti come Mandzukic, Chiellini e Khedira, gente che “mette il piede” - la Juve perde alcune qualità indispensabili. Contro il Barcellona, tuttavia, si annuncia ostica anche la sfida di ritorno. Sarebbe opportuno, in questo senso, rispolverare le prestazioni fatte nella scorsa stagione, con quelle due super-partite allo Stadium e al Camp Nou.

Ma dalla brutta serata in Catalogna si possono afferrare anche buone conseguenze. Innanzitutto l’esperienza: prima i nodi vengono al pettine e meglio è. Inoltre il match è stato indubbiamente utile per Bentancur, Douglas Costa e Matuidi, che hanno potuto conoscere meglio i compagni di squadra in una gara importante. Parafrasando Einstein, anche dalle disgrazie si può ricavare qualcosa di positivo.