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Fra le tante ipotesi che si rincorrono sul poco esaltante (fino ad ora) mercato juventino, sta prendendo corpo qualcosa che assomiglia di più ad un incubo che a un sogno. E questa è l’unica consolazione dei tifosi romanisti, preoccupati per la “sicura” partenza di Manolas, destinazione Juve, ma ancora felici per essersi sgravati di Pjanic. Un Pjanic in giallorosso per altro migliore di quello fin qui visto in bianconero. Una presa d’atto che alla Juve, purtroppo, nessuno prende in considerazione, mentre il mercato presenta , appunto, notevoli squilibri. Oltre al buco lasciato da Bonucci, si accavallano doppioni non strettamente necessari come Douglas Costa, Bernardeschi e Schick a cui si aggiunge la presenza di Cuadrado. Un abbondanza nella zona avanzata laterale, che lascia scoperto il posto centrale davanti alla difesa e quello d’un centrocampista diga-propulsore a centrocampo.

L’incubo si concretizza quando si sente parlare, con una certa dose di probabilità dello spostamento di Pjanic davanti alla difesa, come smistatore, ricuciture e ispiratore. Un ruolo che alla Juve fu ricoperto egregiamente da Dechamps prima, e da Pirlo poi. In seguito, affidato in parte ai piedi buoni di Bonucci. Dechamps era un giocatore molto dinamico in un limitato giro d’azione, però nevralgico nella zona centrale del campo. Prendeva palla e la smistava senza quasi mai sbagliare il passaggio: una diga, appunto, dinamica ed elastica al tempo stesso. Come si espresse Francesco Morini, ex stopper roccioso, poi dirigente bianconero: “E’ finalmente arrivato uno a cui dare la palla davanti alla difesa in tutta sicurezza, perché se la si perde in quella zona sono dolori.” Con Pirlo, e in raddoppio Bonucci, si raggiunse il massimo livello tattico tecnico arretrato.

Ora Pirlo e Bonucci non ci sono più e nella zona nevralgica del gioco si è aperta una voragine. Voragine che dovrebbe essere colmata da Pjanic, un giocatore che non è, ahimé, né Pirlo, né Bonucci. Non sa contrastare e aggirare l’avversario, non ha il ritmo avvolgente del genio bresciano, quel suo tagliare il campo in controtempo per bruciare i 15 metri e aprire con lanci millimetrici o dettare il triangolo e chiudere col tiro da fuori. Tentare di “ pirlizzare” Pjanic, trottare orizzontale, di cui si sono contati, quest’anno, scarsi assist illuminanti, non pare saggio. Nemmeno si può pensare di farne un intenditore: non possiede la forza e nemmeno il coraggio necessari. Affiancargli un cursore non garantirebbe né dinamismo strategico, né copertura essenziale. Corsa scarsa, ricucitura lenta, lentezza e poca illuminazione resterebbero tali. A poco servirebbe un Manolas, ottimo nei recuperi e nei contrasti, soprattutto in area, però impreciso in fase di smistamento propositivo.

Pjanic, va detto, è il punto debole juventino, ma nessuno avrà il coraggio di riconoscerlo e si rischia di avere, con tutti quei nomi dati per certi, splendidi, dinamici, ricamatori in avanti, lasciando comunque aperte breccie arretrate. Insomma, la Juve avrebbe, per la prima volta, ciò che è sufficiente, ma non ciò che è necessario, mettendo seriamente a rischio anche il campionato, che si sa, fonda la sua fortuna sul reparto arretrato.