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Un altro film, rispetto alla «prima» di aprile, come certifica il risultato, lo stesso ma rovesciato. La Juventus di De Sciglio, Benatia, Bentancur eccetera ha retto un tempo, poi è finita sotto il sinistro di Leo Messi. Che è come finire sotto un camion. Colpetto di bisturi al 45’ o giù di lì, dopo uno-due con Suarez. Il palo. Il cross che ha propiziato il raddoppio di Rakitic. Il rigore in movimento a ribadire certe gerarchie, se mai gli spacciatori di fuoriclasse (meglio: del termine di fuoriclasse) avessero deciso di occupare le piazze dell’ovvio.

Allegri deve ancora fondere la vecchia Juventus con la nuova, visto quello che, sul mercato, ha perso e avuto. La BBC non c’è più, e nelle partite che pesano - in Champions, soprattutto - Higuain tende a nascondersi, e Dybala, il piccolo Sivori, diventa un Sivori piccolo. La doppietta che «rifilò» alla Pulce, un quarto di finale fa, resta un atto unico, ai massimi livelli: come ribadito dal fumo di Cardiff. Pur di rimettere Leo al centro del villaggio, Valverde, che stupido non è, ha spedito Suarez a sinistra e inserito Dembelé a destra.

Non che il Barcellona stesse giocando un grande calcio, o comunque un calcio superiore a quello degli avversari, possesso palla a parte (61% a 39%). D’accordo, era «solo» la prima partita del girone. Però il crollo della ripresa, simile a quello con il Real, e a giugno la BBC c’era, non può non far pensare. Tirare in ballo gli infortuni non aiuta. La staffetta Higuain-Caligara appartiene al repertorio circense del mister. Messi non aveva mai segnato a Buffon.

Ripeto: Non stava dominando, il Barça. Fin lì, aveva tirato di più Madama. E allora: il gioco o i giocatori? In dubio pro Leo. Sempre.