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Ragionare e reagire di pancia non è mai saggio. E’ ciò che ho fatto ieri. Per eccessiva passione, non so, o anche soltanto perché l’impossibile non mi sembrava… possibile. Stamane leggendo su Il Fatto Quotidiano la seconda puntata del caso “Juventusgate” e dei sospetti legami tra i vertici della società bianconera e alcuni “manovali” della ‘ndrangheta calabrese ho provato un forte senso di nausea al quale ha fatto seguito il desiderio di lasciare immediatamente la direzione di questo giornale il cui compito è quello di raccontare ogni giorno le storie, sportive e non, legate a un grande e autentico amore. L’amore della brava gente per il calcio e per lo sport in senso ampio mediato da una grande squadra chiamata Juventus. In questo modo, però avrei replicato l’atteggiamento sbagliato del giorno prima quando l’istinto mi ha suggerito di “consigliare” a Marco Travaglio e ai suoi ragazzi de “Il Fatto” di usare un minimo di prudenza in più prima di denunciare l’esistenza di una nuova “Calciopoli” forse ancora più velenosa della prima perché frantumerebbe l’immagine etico-sociale di un gruppo dirigente e non solo le attività illecite di un aziendalismo spregiudicato e spudorato come era accaduto undici anni fa.

Non ho mai avuto alcun problema, quando commetto un errore, nel dire di aver sbagliato e neppure nel chiedere scusa. Lo ritengo un atteggiamento normale oltreché sano. Lo sbaglio che mi ha intrappolato è stato figlio una dimenticanza importante. Quella di non aver riflettuto sul fatto che Marco Travaglio, per abilità professionale costruita negli anni, è l’unico collega in Italia al quale sia concessa l’opportunità di arrivare a conoscere che cosa vi sia scritto  sui documenti delle Procure molto prima della loro pubblicazione ufficiale. Di qui l’errore per il quale, appunto, sento il dovere di chiedere scusa. Una “sciocchezza” che avrei bissato lasciando Ilbianconero.com e i bravi ragazzi che stanno lavorando per un “sito” dalle grandi e legittime ambizioni. Avrei tradito non soltanto loro e i nostri lettori, ma anche me stesso e quel che ebbi a scrivere in giorno del nostro battesimo. E cioè che Ilbianconero.com nasceva come quotidiano libero “senza padrioni e né padrini” come strumento di informazione e di formazione per il popolo della Juventus e non come “servo muto” della Juventus intesa come soggetto “politico”. Una visione della comunicazione certamente solidale, ma non acritica nel caso si fosse presentato il momento.

Puntuale, seppure del tutto inatteso, il momento è arrivato. Non per motivi agonistici e sportivi ma, malauguratamente, per ragioni assai più delicate e vitali. Il termine malavita organizzata, da solo, mette paura. Quello di mafia, intesa anche come ‘ndrangheta e camorra, provoca disgusto fisico oltre al terrore. Vedere accostate, anche soltanto in termini di presunzione, la “peste” della società civile con il nome di  chi presiede l’azienda bianconera è mostruoso. Non so se un nuovo tombino sia stato scoperchiato. Aspettiamo di vedere che cosa emergerà dalle inchieste, sportive e penali, ormai in atto da parte degli indaganti e prendiamo atto della posizione per la verità sottilmente ambigua espressa dalla stessa Juventus con il suo comunicato ufficiale. Nel frattempo una cosa la possiamo e la dobbiamo dire. Il popolo bianconero, nella sua interezza di entità appassionata e di onesto propellente per i successi di una squadra tornata ad essere degna delle sue tradizioni, non meritava una nuova “mazzata” come questa. Una vicenda che, sotto il profilo morale, fa addirittura più schifo di quella subita ai tempi della “cupola”. Un insulto a tutti coloro che, quotidianamente, rifiutano la “legge del pizzo” anche a rischio della loro vita e denunciano la mafia che uccide. E un morto, in questa bruttissima storia, c’è già stato.