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Quella relativa al fatto che Gigi Buffon è tornato ad allenarsi con il resto dei compagni è certamente una buona notizia. Quella che indica il portiere della Juventus ancora non abile e arruolato per la ripresa del campionato, contro il Genoa, è una notizia sicuramente non gradevole ma anche decisamente plausibile. Il capitano e numero uno della squadra bianconera nonché della nazionali italiana ha indiscutibilmente infilato la via di quello che sarà il suo tramonto che, per il momento, può essere ancora definito crepuscolo.

L’età anagrafica di Gigi è quella che è. Le conseguenze del trascorrere del tempo appesantito da una carriera professionale usurante sia fisicamente che psicologicamente sono fatali e non possono trovare rimedio. A tutto ciò occorre aggiungere la confusione mentale del portiere il quale molto probabilmente non è riuscito ancora a metabolizzare  quella che, soprattutto per lui, è stata un’autentica tragedia sportiva ovvero l’esclusione dell’Italia da quei Mondiali di Russia che per Buffon  rappresentavano l’ultimo paletto da superare prima di tagliare il traguardo dell’eternità. Il suo pianto dopo la partita con la Svezia era ben più di uno sfogo emotivo. Lo stesso racconto dei suoi compagni che riferirono di un uomo in “trance” dentro lo spogliatoio non lascia dubbi sulla cifra traumatica subita dal capitano. La depressione, poi, abbassa le difese immunitarie e ci si può anche ammalare. Cosa che è puntualmente accaduta a Gigi, ai box da cinque giornate.

Non c’è da disperarsi anche perché sarebbe inutile, ma soltanto da prendere atto che probabilmente nello stesso Buffon è scattata una molla la quale lo sta portando a pensare due o tre cose che potrebbero indurre a lasciare il calcio giocato a fine stagione. Un evento che, tutto sommato, farebbe parte dell’umano teorema secondo il quale ciascuna cosa ha un inizio e una fine senza possibilità di scelta differente. Se ciò accadrà (e prima o poi dovrà succedere) Buffon e le sue opere professionali non svaniranno mai diluiti nella distrazione o nell’oblio. Lui e la sua storia sportiva appartengono e apparteranno sempre all’immaginario collettivo come un bene prezioso da custodire e da difendere. Come Toro Seduto o Cavallo Pazzo, il portiere della Juventus passerà direttamente dalla realtà alla leggenda. Un privilegio, questo, destinato a un numero sempre più esiguo  di campioni autentici o sedicenti tali.

Dico dei nuovi “divi” del pallone i cui nomi e cognomi, insieme con i loro volti, verranno dimenticati o ripensati con grande fatica non appena il sipario del palco verrò abbassato sulla scena delle loro recite. Tutti o perlomeno quasi tutti questi personaggi che oggi creano passioni e litigi tra la gente tifosa una volta superato il confine tra la popolarità attuale e il diritto alla celebrazione eterna si ritroveranno in una zona d’ombra anonima e il ricordo del loro passaggio verrà testimoniato solamente da un album delle figurine. Una riflessione che non fa capo alla cattiveria ma ad una ben precisa condizione. Personaggi e soprattutto persone come Gigi Buffon e come tanti altri autentici miti passati alla storia per essere raccontanti dai nonni ai nipoti (da Meazza a Rivera, da Mazzola a Sivori, da Zoff ad Antognoni, da Baggio e fino a Del Piero) non esistono più. Loro erano i giganti della montagna incantata. I loro successori, privi di quello spessore umano indispensabile per essere davvero grandi, sono coriandoli al vento.