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Le sfide tra Cagliari e Juventus, come quella in programma domani in Sardegna, possiedono la forza di scardinare il bauletto della memoria dove riposano piccoli e grandi frammenti di vita calcistica trascorsa. In quanto a risultati conseguiti sul campo di gioco non vi è competizione tra le due squadre, al netto ovviamente di quella stagione epocale alla fine della quale l’inattesa regina del campionato fu la banda di Manlio Scopigno. Eppure, egualmente, quando a Torino si sente pronunciare il nome della formazione sarda l’effetto è quello provocato nel momento in cui si cammina con dei sassolini nelle scarpe. Fondamentalmente tre a infastidire i “piedi” dei bianconeri.

Il primo, quello che fa più male,è certamente legato al nome di Gigi Riva. Il campione lombardo di nascita il quale nell’isola trovò non solo i legittimi onori destinati a una “leggenda” guadagnandosi il titolo  “Rombo di tuono” ma la sua “cuccia” esistenziale e ideale per tutta la vita. Più che non un semplice sassolino, il ”bomber dei bomber ancora oggi viene percepito come un vero macigno che pesa enormemente sulle spalle della società bianconera. Fu proprio Riva, infatti, uno fra i pochi al mondo che trovò il coraggio di disattendere quello che, al tempo, ero uno fra i principali desideri dell’Avvocato il quale non era abituato a sentirsi dire di no. Ebbene, alla fine di una cena organizzata per il fuoriclasse del Cagliari a Villa Frescot dove abitava Gianni Agnelli lo champagne previsto per il brindisi festoso rimase in frigorifero. Gigi Riva disse in maniera risoluta al presidente della Fiat che lui dalla Sardegna non si sarebbe mosso e l’Avvocato rimase con l’assegno faraonico in mano dovendosene suo malgrado farsene una ragione.

Il secondo “sassolino”, precedente a quello del grande rifiuto di “giggiriva”, porta il nome di un giocatore brasiliano. Olindo de Carvalho detto Nenè. La Juventus lo aveva ingaggiato per piazzarlo a fianco di Omar Sivori il quale non avrebbe più potuto contare sulla sua potente “spalla” John Charles il quale era stato ceduto alla Roma. Sivori, che era un poco il “padrone” di quella squadra, avrebbe desiderato un altro compagno, individuato nel francese Douis. Scelse la società, alla fine e arrivò Nenè. Omar non lo sopportava anche perchè lui, argentino, aveva in uggia i brasiliani. Difficile per tutti adattarsi e produrre cose buone quando si è vittime di quel che oggi si usa definire “mobbing”. Nenè vagava per il campo alla ricerca di un se stesso che non poteva trovare, Non solo, nel ruolo di centravanti era un pesce fuori dall’acqua. A fine stagione venne ceduto al Cagliari dove ancora oggi lo ricordano come uno fra i più bravi centrocampisti e mezze punte di tutti i tempi.

Terzo atto della commedia tra Cagliari e Juventus nel nome di Pietro Paolo Virdis. Giampiero Boniperti, allora presidente, voleva arrivare dove l’Avvocato non era riuscito. Portare in bianconero l’attaccante indicato da tutti come l’astro nascente del calcio italiano. Pietro Paolo, autentico sardo di pietra, volle emulare Riva. Diceva che non voleva lasciare la madre e la sua isola. Fu un’estate bollente per Boniperti che pendolava tra Torino e Cagliari in continuazione. Soltanto sul filo di lana Virdis si lasciò convincere e accettò la Juventus. Peccato per lui che furono i suoi nuovi compagni a non accoglierlo con simpatia perché secondo loro aveva mostrato con quel rifiuto iniziale di non meritare il bianconero. Tant’è, ricorda ancora oggi Virdis che e diventato un esperto enologo e sommelier, in campo Causio si portava la palla sul fondo e poi la crossava alle spalle del compagno a differenza di quel che faceva con Bettega sempre servito alla perfezione. Virdis poi andò al Milan dove  vinse tutto diventando il beniamino ei tifosi.

Tre sassolini che fanno ancora male, nelle scarpe bianconere.