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Ma che ne sanno i 2000. Ormai è diventato uno slogan, da declamare con fierezza. Come se i 2000 avessero la colpa di essere nati dopo rispetto a un certo momento storico. I teenager di oggi però difficilmente ricorderanno i tempi in cui le pay-tv erano meno pervasive e in cui iniziò la messa in onda di Quelli che il calcio. Era il 1993 e a raccontare le partite della Juventus davanti a un monitor c’era lui, Idris Sanneh (nella foto di Liberoquotidiano.it), senegalese di nascita ma italiano d’adozione. Si definisce giornalista-tifoso ("ruolo che ho inventato io"), ha diretto un telegiornale multietnico su una tv locale bresciana e la verve con cui parla di calcio è sempre la stessa. La Coppa d’Africa in partenza sabato è il pretesto per scoprire che fine ha fatto.

Che fine ha fatto Idris? Di cosa si occupa adesso?

"Vivo a Brescia, la mia città da 44 anni. Mi occupo sempre di giornalismo, faccio il corrispondente per giornali, radio e tv in Senegal. Lavoro anche a una sorta di restauro culturale per il mio Paese, cerco di ideare programmi nuovi per il popolo africano: cerco di creare un nuovo stile, provando a inventare nuove cose, anche se ho sempre fatto l’autore televisivo. Voglio fare tv innovativa, diversa sul piano dei contenuti, stando però dietro la macchina da presa".

Programmi anche sul calcio?

"Certo. Se ne può parlare in mille modi e devo dire che ora se ne parla in modo molto inflazionato, saturo, che nulla ha a che vedere con il calcio giocato sul campo. Bisogna partire dal calcio come spettacolo".

Non c’è neanche una trasmissione sul calcio che le piace attualmente?

"Nessuna, assolutamente. C’è chi cerca di fare varietà, ma usa contenuti sbagliati. Chi cerca di farne un divertissement usa i personaggi sbagliati. Io ormai non do più idee a nessuno, perché tutte le volte che l’ho fatto me le hanno ciulate".

Ad esempio?

"In Rai depositai un’idea: me la ciularono e fecero fare il programma alla moglie di Montella. Dico nomi e cognomi, non ho problemi. Era il 2002, in occasione dei Mondiali di Corea e Giappone. Si trattava di andare in giro, fuori dagli stadi e raccontare il paese e la sua visione del calcio. Anche l’idea di premiare i tifosi meritevoli quando si parlava di violenza negli stadi era mia. Sono una fucina di idee, un "operaio del pensiero". A volte basta che qualcuno cambi una virgola e l’idea diventa di un altro e non puoi fare un cazzo".

Come nasce la sua passione per il calcio? E per la Juve?

"Nella seconda metà degli anni ’60 a Dakar tutti tifavano Milan e Inter, che vincevano tanto. A me piaceva da morire “La Foudre” Nestor Combin. In generale sono sempre stato un bastian contrario: tutti nel mio quartiere tifavano per le squadre di Dakar, io invece scelsi il Linguere di Saint-Louis. Tutti tifavano Germania e Brasile, io scelsi l’Italia".

Sabato inizia la Coppa D’Africa. Che sensazioni le suscita?

"Una festa, uno spettacolo continuo dentro e fuori dal campo. Non è un calcio calcolato. Un mese di gioia, che crea aggregazione: una specie di carnevale. Mia madre ha 97 anni e quando gioca il Senegal in Coppa d’Africa segue le partite: gioisce quando vince; quando perde è una sorta di lutto nazionale".

Questa può essere la volta buona per il Senegal?

"Dovrebbe, sì. Abbiamo una squadra forte con giocatori che provengono dai migliori campionati d’Europa: penso a Manè e Keita in attacco, Koulibaly e Kone in difesa. Ma ogni volta che giocano insieme non riescono a fare risultato. Manca disciplina tattica, servirebbe un commissario tecnico italiano, l’ho sempre detto: porterebbe il rigore tattico che non abbiamo. Forse manca anche quel livello di professionalità: si sa che molti giocatori in Africa, in Senegal amano fare festa. L’attuale ct Cissè è giovane, è coadiuvato da francesi, comunque è bravo".

Delle altre chi vede bene? Costa d’Avorio, Algeria, Egitto?

"Sì, anche la Tunisia. Mi piace la Guinea-Bissau e occhio al Gabon di Aubameyang. È il paese organizzatore e gli arbitraggi spesso possono risultare condizionati da vari eventi. Anche il Camerun è tornato a buoni livelli. Comunque sono sicuro che sarà una bellissima Coppa d’Africa".

Della Juve che mi dice? Può essere l’anno buono per la Champions League?

"Certo, anche se la Champions per la Juve è davvero jellata. Dopo gli ottavi diventa una lotteria: se caschi bene nei sorteggi ce la puoi fare".

Per lo Scudetto discorso chiuso?

"Le nostri rivali le definirei 'sparring partners': sono inferiori come rosa, perdono il passo con il trascorrere delle giornate e alla lunga la Juve vincerà anche quest’anno, a meno che non si verificheranno situazioni incontrollabili".

Giudizio positivo quindi su Andrea Agnelli, Marotta e Paratici?

"Super positivo, è una gestione perfetta. Ha vinto cinque scudetti di fila, ha ringalluzzito le casse della Juventus, hanno fatto lo stadio. Anche se il progetto nacque con Moggi, Giraudo e Bettega e anche in quel caso ebbi delle idee che suggerii alla triade. La Juve di adesso è forte come quella".

Lei è ancora amico di Moggi? Vi sentite ancora?

"Certo, fino alla fine della mia vita sarò suo amico".

Di “Calciopoli” che idea si è fatto?

"Una vicenda sicuramente strana. La bieca volontà di voler ribaltare ciò che aveva detto il campo. Si è rovesciato il tavolo e si è detto: “il gioco non vale più, le regole sono falsate”. E pensare che c’era un loro dirigente che condizionava gli arbitri… Mai dimostrato nessun dolo sportivo. Le corti di giustizia condizionate dal potere delle tv e di chi non riusciva a vincere nonostante avesse spesso 1000 miliardi del vecchio conio".

E la sua avventura a Quelli che il Calcio? Come nacque?

"C’era una selezione, il programma era in embrione e cercavano profili per comporre il cast. L’idea del format fu di Marino Bartoletti e venne proposta alla Rai. Il conduttore doveva essere Dario Fo, ma poi Bartoletti conobbe Fabio Fazio a una Festa dell’Unità e scelse lui. Capito?".

Chi sente ancora di quel gruppo?

"Marino Bartoletti, sempre. Anche ieri".

Rivedremo Idris in tv a fare il giornalista tifoso?

"Non lo so, sono stato accantonato perché sono scomodo e dico le cose come stanno, per esempio quando la Juve non viene trattata bene. Mi sento un po’ messo nel congelatore, accantonato dal sistema. Non c’è una voce ringhiosa e altisonante come la mia nel panorama giornalistico. Rimane una mia passione, mi piacerebbe tornare. Ma penso ci sia anche un pochettino di xenofobia nell’ambiente".

Potendo scegliere: Champions alla Juve o Coppa d’Africa al Senegal quest’anno?

"Il Senegal non ha mai vinto. Per anni e anni ci ha provato senza riuscirci: dico Coppa d’Africa al Senegal, sarebbe storico e darebbe lustro al mio paese. Una Champions per la Juve farebbe meno rumore e poi vuoi che non troveremmo qualcuno pronto a dire che abbiamo rubato?".