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La aspetta da un bel po', questa serata. Gonzalo Higuain sarà per la prima volta avversario in quel Santiago Bernabeu che è stato il suo stadio per sei stagioni e mezza. Da gennaio 2007 all'estate del 2013. Il tempo di realizzare 122 gol in 264 partite e di conquistare tre titoli di Liga, due Supercoppe e una coppa di Spagna. Nessun successo internazionale, un cruccio che resta irrisolto anche nell'avventura italiana. Ma la "sua" Madrid - dove pare detenga anche quote in investimenti immobiliari - ha riservato al centravanti bianconero anche una fresca umiliazione. Si è giocato al Wanda Metropolitano, casa Atletico, ma la ferita del 6-1 rimediato dagli spagnoli è aperta e brucia per chi veste la nove dell'Argentina. Higuain, che senza Dybala ha sulle sue spalle il peso dell'attacco bianconero, cerca una notte di orgoglio smisurato. A prescindere da un risultato difficile da ribaltare. Perché la sua vicenda personale gli offre già abbastanza spunti. 

DA BAIRES A MADRID - Quante storie, sull'asse Madrid-Napoli-Torino, partendo da Buenos Aires. Nell'inverno del 2007 arrivò dal River Plate dopo aver mostrato garra a sufficienza, pur giovanissimo, nei catini sudamericani. L'allora direttore sportivo Mijatovic di recente si è preso i meriti dell'operazione:  "Ricordo un derby col Boca, chiedeva palla in quella guerra - il racconto del serbo -, Franco Baldini non era convinto, la scommessa è stata mia: convinsi Capello a non mandarlo in prestito e segnò reti decisive per il titolo". In realtà proprio Fabio Capello la racconta diversamente: "L'ho portato io al Real Madrid insieme a Baldini - ha ricostruito il tecnico friulano - aveva diciotto anni, era già fortissimo e me lo sono cresciuto. Un calciatore fantastico, uno dei migliori come centravanti puro". A prescindere da chi gli abbia messo in mano il biglietto aereo dall'Argentina, Higuain a Madrid ha lasciato il segno con gol e successi. Almeno in patria. 

QUELL'ESTATE - Nell'estate 2013, però, la separazione dalla Casa Blanca. C'è chi la imputa alle gelosie di Cristiano Ronaldo, che Gonzalo aveva accolto nel 2009 quando arrivò da Manchester. "Quello non passa la palla, se ne deve andare" è uno degli spifferi di spogliatoio attribuiti al portoghese. In realtà, mentre CR7 abbandonava progressivamente la fascia per avvicinarsi ai sedici metri, un centravanti diventava di troppo. Florentino Perez, tra Benzema e Higuain, scelse il francese in quanto suo acquisto. Appiccicandogli così un'etichetta di "protetto" che non è mai andata via. Sapendo di Higuain con le valigie pronte, la Juve ci fa un pensierino: è l'alba dell'estate 2013 quando al Puerta 57, il ristorante del Santiago Bernabeu, vengono ospitati Marotta e Paratici. Per prendersi il Pipita servono 40 milioni cash e la Juve, in quel momento, non può spingersi a tanto. Li versa il Napoli che si porta a casa per tre anni il centravanti che fa innamorare (un giorno all'improvviso) il San Paolo. La Juventus intanto cresce in campo e fuori, nell'estate 2016 vuole piazzare un big al centro dell'attacco di Allegri. Respinto l'approccio con Icardi, parte un sondaggio per Cavani ma l'uruguaiano a Parigi è in una prigione d'oro. A Madrid, dove è rientrato Morata, potrebbe partire Benzema ma Florentino (ancora  una volta) si oppone. Higuain è lì, a portata di clausola da 90 milioni. Inizia la storia che dura ancora oggi. E che diventerebbe più bella con una nuova pagina, da scrivere in una grande notte bianconera a Madrid.