commenta
Anche questa volta la Juventus ha deciso di stupire. A Udine ha fatto ciò che da trentanove partite non l riusciva più. Insomma, tornarsene a casa con un pareggio. L’ultima volta, nello scorso anno del passato campionato,aveva racimolato il minimo sindacale con il Bologna. Un risultato agrodolce che aggiunge un punto al vantaggio sulla Roma, ora a otto lunghezze in classifica, ma che bel contempo mortifica la suggestione del popolo bianconero il quale aveva immaginato di poter assistere alla realizzazione del match point con conseguente game over da mani sullo scudetto. Un successo, manto, che avrebbe permesso aa Allegri e ai suoi giocatori di concentrarsi a dovere per dirigere tutte le loro forze fisiche e mentali sugli obbiettivi delle due Coppe il cui conseguimento garantirebbe alla Juventus di festeggiare la stagione calcistica in corso come quella della marcia trionfale.

Non è il caso di drammatizzare, certamente. Anzi, volendola prendere e vivere con la necessaria leggerezza, è anche possibile metterla sul sorriso come ho voluto fare all’inizio dicendo che il pareggio contro l’Udinese va archiviato come un dato di cronaca che mancava da troppo tempo. Insomma anche la legge dei grandi numeri ha il diritto di trovare conferma, ogni tanto. E accaduto contro una squadra letteralmente assatanata dal primo minuto all’ultimo e sospinta da quel pubblico friulano che, per pacifica animosità e senso della bandiera, è pressoché unico in Italia. In uno stadio, il Dacia Arena, he è un gioiello al pari dello “Stadium” torinese. A fronte di un allenatore, Delneri, che non ha mai dimenticato la sua “grande occasione” sciupata quando il suo amico Marotta lo scelse per la panchina bianconera. Il suo perdere la testa e la sua reazione spropositata dopo il gol di Bonucci testimoniano in pieno lo staro d’animo che ha accompagnato Delneri nel corso dell’intera partita per la cui vittoria il tecnico avrebbe dato in cambio chissà che cosa.

Ma se, alla vigilia, era legittimo attendersi una squadra friulana così corsara e arrembante non era altrettanto facile immaginare una Juventus così “normale” e per certi versi “assente” il grado di svolgere a malapena il compitino assegnatole senza infamia  senza lode. Non una questione di forma e neppure di fisicità. Men che meno un problema di caratteristiche tecniche declinanti o di disposizioni tattiche eluse. Il classico vuoto mentale, semmai, che solitamente viene catalogato con la definizione di amnesia. La logica, risultati fin qui ottenuti alla mano, suggerisce di non preoccuparsi oltremisura. Un attimo di appannamento o di semplice distrazione fanno parte dell’intero percorso. Anche perché l’episodica “narcosi” ha coinvolto tutti, da Buffon a Dybala, senza eccezioni e certamente già da venerdì prossimo contro il Milan a Torino la Juventus saprà dimostrare che il pareggio di Udine, come fotografia di un campionato tutto sommato mediocre a livello generale, paradossalmente è frutto di una strategia inconscia. Ai bianconeri da troppo tempo mancava un risultato così. L’importante è non prenderci gusto.