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Erika non ce l'ha fatta. E adesso, per cortesia, interrompiamo quel gioco al massacro che dall'immediato post-piazza San Carlo ha preso il via. Forse proprio sulla scia del fatto che, in fondo, non c'era scappato il morto. Un susseguirsi infinito di caccia al colpevole, al responsabile. Così come di riflesso, qualunque istituzione o persona coinvolta, ha trascorso sostanzialmente dieci giorni a liberarsi da ogni forma di responsabilità. Con annesso carrozzone di sciacalli e strumentalizzatori: ancora oggi attivo più che mai sui social, dopo l'ultimo ferale bollettino medico. Ma Piazza San Carlo non è l'Heysel, tanto per fare un paragone.

Questa tragedia poteva essere evitata? Sì, probabilmente sì. Il Comune e tutti gli enti predisposti, dovevano essere più attenti, competenti, lungimiranti? Sì, sicuramente sì. La Juve avrebbe potuto mettere a disposizione lo Stadium? Sì, forse sì. Scherzo e psicosi sono andati di pari passo, poteva bastare un pizzico di buonsenso e di cultura in più? Sì, anche questo potrebbe essere vero. E potremmo andare avanti chissà per quanto tempo ancora.

Negligenza, incuria, leggerezza, superficialità, illegalità: in quell'infame 3 giugno c'era tutto e anche di più in piazza San Carlo. C'era soprattutto, tanta troppa paura. La caccia al responsabile, il gioco del dito puntato contro, la sete di giustizia se vogliamo...lasciamo tutto da parte e facciamo silenzio. Per rispetto, affetto, senso di responsabilità.
Erika non ce l'ha fatta. Il resto davvero non conta. Basta rumore. Poi, ognuno di noi faccia la sua parte affinché tutto questo non capiti più.
Erika, non ce l'ha fatta. Il resto non conta. Non conta più, non conta ora.
Buon viaggio Erika, ovunque tu sia.