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Higuain che abbaia alla luna. La difesa che va per farfalle. Il centrocampo che non riesce a fare muro. Dopo il sofferto “uno a zero” rimediato contro la Fiorentina ne ho sentite e lette di tutti i colori. Opinioni assortite e variegate su questo o su quel problema a seconda delle letture che venivano fatte. Opinioni anche condivisibili eppure non risolutive per spiegare la “fatica” con la quale la squadra di Allegri sta procedendo lungo la strada di un campionato il quale, malgrado tutto, la vede in testa alla classifica in compagnia del Napoli.

A mio avviso, oltre a ciascuna valutazione tecnico tattica utile a spiegare certe difficoltà oggettive dei bianconeri, è proprio osservando le fotografie delle due squadre interessate e paragonandole l’una con l’altra che è possibile notare una differenza sostanziale la quale, almeno sino a questo momento, va a premiare la formazione di Sarri. Una diversità che non porta né maglia e né nome e che è tanto impalpabile quanto direi addirittura fondamentale. Si chiama allegria e non può essere comprata neppure dai dirigenti più bravi e più potenti del mondo perché non ha prezzo.

Francamente un tantino annoiato e anche un poco preoccupato dal comportamento della Juve nel corso di tutto il secondo tempo della partita contro la viola, ieri sera mi sono messo a fare zapping saltabeccando tra l’Allianz Stadium e l’Olimpico di Roma dove il Napoli stava perdendo con la Lazio. Come è andata a finire lo sanno tutti, ma è importante rileggere il copione che ha portato ai due risultati definitivi e aritmeticamente positivi per entrambe. Ebbene, la Juventus ha terminato la sua fatica con dipinta sul volto un sorriso molto simile a una smorfia, al netto della “furia” di Allegri sorpreso a infilare il sottopasso incazzato nero. Completamente differente l’espressione dei giocatori e dell’allenatore napoletani nei cui sguardi brillava una scintilla che non era frutto soltanto del risultato positivo.

Quegli occhi da tigre che, fino alla stagione scorsa, era impossibile non notare con soddisfazione nei giocatori bianconeri prima, durante e dopo ciascuna gara e che, quest’anno, somigliano più a quelli di un leone con la pancia piena e appagato da un abbondante pasto consumato e non ancora digerito. Il gioco del calcio non è riconducibile a una formula scientifica e neppure alla semplice operazione del due più due che fa quattro. La bravura dei suoi interpreti e la loro forza fisica o caratteriale da sole non sono sufficienti a garantire continuità di successo. A parità di qualità tecnico-atletiche a fare la differenza sono la condizione mentale e lo spirito dei “combattenti”. Soprattutto l’allegria e la leggerezza di pensiero che, da sempre, sono le madri della vittoria. Qualità indispensabili che, a occhio, i giocatori bianconeri sembrano aver lasciato dentro gli spogliatoi. Tant’è che quando, per una volta, succede che la “luce” della Joya Dybala non si accende come al solito la Juventus dal volto triste rimane immersa nella nebbia.

@matattachia