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L'abbraccio tra Danilo e Locatelli al triplice fischio. La curva che intona cori per Massimiliano Allegri. La Juve che vince, finalmente, e dopo settimane, che sono state di chiacchiere e d'attesa, di incertezze e di dubbi. Di un tracollo che non aveva realmente una spiegazione, semmai un colpevole. 

La finale di Coppa Italia sembra in ghiaccio e non c'entra tanto il 2-0 con il quale la Juventus non ha mai messo in discussione se stessa: è un discorso che si lega alla qualità espressa nella ripresa, una storia che sembra riallacciarsi ai fasti di gennaio, saltando in lungo il disastro di febbraio e marzo. Non che sia stato cancellato quel periodo, eh. E' servito come il pane, per capire le risposte che questo gruppo sente ancora di dover dare. Di domande ne restano tante, del resto. La prima è: questo gruppo è ancora con l'allenatore? 

Sì, è ancora con Allegri. E Allegri è ancora lì a combattere, a incazzarsi, a dare indicazioni. A sgolarsi pure con il quarto uomo. Chi pensa che giri un senso d'arrendevolezza, a Torino, ha sbagliato completamente strada. Ma chi pensa che una vittoria possa invertire trend, ecco, non è che sia su quella giusta. 

Come sempre, sarà il tempo a decretare la possibile guarigione della Juve. Che ha viaggiato a un ritmo diverso perché diversa era la posta in palio a fine partita. Vogliono tutti un trofeo, ora che è in bilico vorranno subito la qualificazione Champions. Ritornano i nervi: la forza della Juventus è sempre stata lì. E da lì deve ripartire.