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Caro Andrea, è stato bello, ma, venerdì sera contro il Milan, mentre gli amici romani juventini imprecavano per il rigore negato a Dybala, io continuavo a soffrire.

Si attaccava, ma continuavo a soffrire, si prendeva “a pallate” Donnarumma, ma io continuavo a soffrire. Benatia andava in goal, ma io… soffrivo.

Perché lo sapevo che sarebbe successo. L’ho intuito fin dai primi minuti. Quel ritmo strano del tuo passo, da macinatore brevilineo però su ben 1,87 centimetri d’altezza, sembrava afasico. I passaggi erano sempre troppo corti e le respinte disperate sempre poco assistite dalla fortuna.

 

Le rare sgroppate in avanti finivano con la palla nel vuoto. Anche se il tuo avversario (Ocampos?) non sembrava un osso duro tu, invece, sembravi in apnea. Quando Montella ha cambiato gli esterni regalandoti quel furetto di Deulofeu, è stata emessa la sentenza: imprendibile. Ti scappava da tutte le parti, ti faceva sbandare a destra, a sinistra, ti “piroettava” girandoti intorno con la palla, mentre con Asamoah, la palla non l’aveva nemmeno vista. Poi è arrivato il goal. Gli arrancavi dietro in affanno, senza mai raggiungerlo. Mentre il fiato ti mancava, Deulofeu sgusciava via e dava un pallone fatale (viziato da minimo fuorigioco) a Bacca che segnava. L’unico tiro del Milan nel primo tempo è stato goal. Qualcosa si è rotto: tutti imprecavano alla sfortuna, all’ arbitro al guardalinee, io, invece, guardavo la tua faccia stravolta, con le sempiterne occhiaie un po’più gonfie e la bocca aperta.

 

Nel secondo tempo non sei rientrato: l’altro tempo, quello che comanda tutto, non solo le partite di calcio, aveva emesso la sua diagnosi: a riposo. Almeno per ora, almeno per qualche respiro. Ma forse l’impietoso giudizio di Kronos s’allunga, ormai inesorabile, sugli ultimi bagliori della tua fulgida carriera. Per questo ho sofferto. Perché la visione della tua fatica, con una fitta, mi ha squarciato il velo e ho letto: è forse giunta l’ora di dirsi addio.

 

Sei stato, Andrea, non solo il giocatore dal rendimento più costantemente elevato della Juve dei 5 scudetti, uno dei difensori più lucidi, affilati ed equilibrati del nostro calcio, ma anche il miglior colpo di Marotta, che ti prese dal Wolsburg per 300 mila € arricchendo la squadra e la Nazionale d’un valore inestimabile. Quanti gialli? Quante espulsioni? Non si ricordano. Ce ne sono mai stati? Un calciatore esemplare, una sicurezza. Ovunque: in mezzo, a destra, perfino a sinistra. Recuperi fulminanti, uno contro uno garantiti, posizione dettata da un Gps innato. A Torino, in trasferta, ai Mondiali, agli Europei, mai una sbavatura nella tua dinamica classicità. Però il tempo non fa sconti. Qualche mese, un mezzo campionato, ma poi…

 

Dall’altro venerdì, credo che sia iniziato il conto alla rovescia. Per questo, nonostante la strameritata vittoria, alla fine ero triste: spero che l’addio sia lungo, ma è già cominciato.