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Di Francesco non poteva comporre meglio il proprio autoritratto: “Sono-dice- un po’ Ancelotti, un po’Conte.” Calmo e pacato come l’allenatore emiliano, ma anche impetuoso e pignolo come l’ex juventino. 

A Roma, esito naturale per un romanista, sembra aver trovato la quadratura del cerchio, riuscendo ad essere paziente (nella piazza) e aggressivo (sul campo). Ma, a differenza del suo predecessore Spalletti, ha trovato risolta la bomba a orologeria del  preannunciato addio di Totti. Una perpetua minaccia che gravava sulla città e sulla squadra. Totti al declino è stato il vero elemento destabilizzatore della Roma ’16 -’17.
Oggi, col Pupone in panchina, anzi in tribuna, la Roma può diventare una squadra più normale, con un fantasma in meno. 

Va anche detto che, per adesso, tutto fila liscio e non sono all’orizzonte “tempi cupi”. Certo, basta un mezzo Var storto contro la Juve a Torino e qui ricomincia l’eterno ritornello “de Turone”, che nessuno si convince essere ormai un falso storico appurato. L’ossessione del sopruso ingiustamente subìto palpita, più o meno sopita, in ogni cuore giallorosso.

La calma e l’aplomb di Di Francesco, finora olimpici, avranno la loro prova del fuoco con le prime vere disavventure e soprattutto con le partite contro la Juve. Comunque per adesso, qui in città, le polveri sono bagnate e le micce non minacciano di accendersi. Ma la prudenza è apparente, la prudenza non si addice mai ai romani romanisti. Si tratta, piuttosto, di scaramanzia ; forse anche di sapere che una sconfitta, a Torino, non sarebbe fatale visto il campionato ancora lungo e il recupero con una Samp in crisi. Il brillante comportamento in Champions, ha poi reso la Roma più matura e consapevole, più sicura dei propri mezzi.

Quella che verrà all’Allianz sarà quindi una squadra calma, determinata ma aggressiva. Insomma equilibrata. Una Roma, più juventina. Però questa è una bestemmia intollerabile nella città santa.