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La celebre canzone lanciata da Gianni Morandi, “Uno su mille ce la fa”, è il simbolo di una realtà ormai obsoleta. Il numero di coloro che riescono “a farcela”, infatti, è sempre più misero rispetto a quello indicato dall’artista di Moghidoro. Uno su diecimila, se va bene. Uno su centomila come media e specialmente al Sud. Parlo di ragazzi, naturalmente. Quelli che non riescono a trovare una straccio di occupazione. Quelli che studiano ben sapendo che il loro “pezzo di carta” nel migliore dei casi verrà ripagato con una umiliante mazzetta di vaucher. Quelli che, stremati, alzano bandiera bianca e aspettano “Godot” come i due protagonisti della commedia nichilista scritta da Samuel Beckett. Per le famiglie italiane la felicità è un optional.

Nelle fasi storiche di impasse diventa legittimo abbandonarsi ai sogni per tentare di alleggerire il peso insostenibile di una quotidianità nemica. Le vie di fuga, perlopiù illusorie come un miraggio sahariano, vengono indicate dalle luci colorate dei “talk” per la serie saranno famosi, dei “master chef” più alla moda, delle “selezioni” di cervelli scelti da Briatore che ha copiato il format del suo amico Trump. Il calcio, seppure un po’ meno, continua a esercitare il suo bel fascino su genitori e figli che si prefigurano un destino prima da campione miliardario e successivamente da mister milionario. Trappole seducenti, ma insidiosissime. Illusioni spesso destinate a trasformarsi in disillusioni e a formare un esercito di disadattati.

Anche sotto questo aspetto la società di calcio Juventus ha voluto e saputo piazzarsi un passo avanti a tutte le altre consorelle con il preciso scopo di rendersi utile sul etico etico e sociale. Al termine del tradizionale anno scolastico dal “Juventus College” uscirà la seconda ondata di giovani con in tasca un diploma di “maturità scientifica” con l’aggiunta di un secondo attestato di “indirizzo sportivo”. Un traguardo di eccellenza raggiunto dopo la frequentazione di un quinquennio nella prima e unica scuola privata e parificata con tanto di attestato del Ministero della Pubblica Istruzione fortemente voluta da una società di calcio e fondata nel 2012. L’Istituto si trova a Vinovo Torinese e molti dei ragazzi che hanno già superato l’esame di maturità l’anno passato hanno registrato presenze in prima squadra e nelle nazionali giovanili. Il modello, insomma, è tanto semplice quanto efficace in quanto consente agli studenti di poter coniugare la carriera scolastica con quella sportiva.

I numeri valgono molto di più che non le chiacchiere. Ebbene, sono ventidue le squadre delle quali si compone il settore giovanile con allievi che vanno dagli otto anni sino ai 19. Più o meno cinquecento ragazzi allenati da ventidue staff tecnici composti da novanta specialisti coadiuvati da psicologi e una divisione medica che ha già espletato più di mille e cinquecento controlli clinici. Al quattordicesimo anni di età scatta il momento cruciale della decisione. Iscriversi oppure non al “College Juventus” entrando a far parte dei ragazzi del convitto che arrivano da tutta Italia e anche da altri Paesi. Da quel punto in avanti, per cinque anni, sui giovani studenti verrà portato avanti tutto il lavoro necessario per raggiungere il fine principale dell’intera operazione cultural-sportiva. Fare in modo che dalla scuola bianconera escano in prima battuta uomini consapevoli e soltanto successivamente calciatori forse anche destinati a brillanti carriere professionali. Va da sé che, in questo contesto, la preoccupazione e l’attenzione principali dell’intero staff educativo siano mirate alla formazione educativa in senso ampio oltreché all’insegnamento agonistico. Il tutto con un occhio di assoluto riguardo anche verso i genitori i quali dovranno a loro volta partecipare attivamente agli stage programmati esclusivamente per coloro che, troppo spesso e per eccesso di amore, inducono i figli a volare troppo in alto con la fantasia. Da un anno, infine, nel team del convitto bianconero sono entrati come “tutor” numerosi professori dell’Università di Torino per fare da ponte ai giovani i quali, una volta concluso il quinquennio,decidono di proseguire sino alla laurea.

Un progetto che sta dando ottimi frutti e che ora verrà coniugato anche al femminile. La Juventus, infatti, ha capito l’importanza planetaria di un calcio in rosa che da noi, per motivi soprattutto di ignoranza culturale e di pregiudizi assortiti, non ha ancora trovato la dignità che meriterebbe mentre, al contrario, in tutto il mondo viene considerato per quel che vale e per ciò che di importante è in grado di offrire all’intero movimento calcistico. Probabilmente, nell’isola Juventus, la canzone di Morandi potrà tornare di attualità