commenta
In un nuovo, tragico pomeriggio di terrore che unisce l’Europa intera, la città di Barcellona piange per una tragedia assurda. Un attentato crudele, vigliacco come il terrorismo più spietato, quello che ha colpito ieri la metropoli catalana nel suo centro più vivo: il furgone che ha invaso La Rambla, travolgendo senza coscienza né rimorso i passanti, apre un’altra ferita nel cuore di un continente già colpito più che duramente.

Gli ultimi aggiornamenti parlano di 13 morti e oltre 80 feriti, di cui 15 verserebbero in condizioni tragiche: questo il bottino ottenuto dalla follia umana, con l’Isis a rivendicare il gesto e due attentatori ancora in fuga. Dalla Farnesina sale il timore legato all’esistenza di italiani tra le vittime: in una delle città turistiche più apprezzate e affascinanti d’Europa, sono molti i nostri connazionali ad attraversare ogni giorno la zona intorno a Plaça de Catalunya.

E su questa vicinanza è necessario riflettere, su un fatto di sangue che finisce per riguardare tutti noi da vicino. Perché gli sventurati finiti - per puro caso - davanti a questa spietata morte, condividevano il medesimo desiderio di libertà presente nelle migliaia dei tifosi bianconeri approdati a Barcellona lo scorso aprile, per assistere al meraviglioso ritorno del quarto di finale di Champions dei ragazzi di Allegri. Ripensate a quelle emozioni, alla gioia dei presenti in quella serata di festa al Camp Nou, in uno dei templi del calcio mondiale. E adesso proiettatevi a poche ore fa, quando la festa e la sacrosanta libertà sono affogate - nella stessa città - nel sangue. La prima immagine, mai la seconda, deve essere assunta come obiettivo primario di tutta la collettività.