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E’ praticamente una storia infinita quella che racconta di fatti e di uomini disseminati nel tempo lungo la direttrice Genova-Torino e viceversa. Due città, fiere e un poco misteriose entrambe, e due squadre talvolta persino complementari sotto l’aspetto  di una certa eleganza capace di andare oltre il dato puramente agonistico. Due società che, fuori dal terreno di gioco e quando la competizione non ammette ammiccamenti di sorta come accadrà anche questa volta al Ferraris, non hanno mai nascosto la loro simpatia di fondo l’una per l’altra. Un’attenzione reciproca che, nel corso degli anni e specialmente durante le rispettive gestioni di Boniperti e di Mantovani, hanno condotto ad una certa forma di “collaborazione” per quel che riguarda specialmente i viavai dal blucerchiato al bianconero.

Fu proprio l’allora presidente della Juventus Umberto Agnelli a portare a Torino un giovane giocatore della Samp che, nel corso della sua carriera spesa in una vita troppo breve, avrebbe regalato agli appassionati del pallone momenti di rara euforia. Era il 1960, lui si chiamava Bruno Mora ed era l’astro nascente della Sampdoria nella quale era arrivato da Parma che era un ragazzino. La Juventus lo volle fortemente per quello che fu il primo trasferimento molto “chiacchierato” della storia calcistica. Il motivo è semplice. Erano tempi in cui il mercato si faceva una volta all’anno e basta al Gallia di Milano.  Mora era rimasto in blucerchiato, ma Agnelli lo voleva subito anche se era novembre. Umberto, allora, era anche presidente della Federazione.
Con un colpo di teatro annunciò il varo del “mercato di riparazione” autunnale. Bruno Mora esordì a Torino contro il Milan  segnando un gol e tre settimane dopo proprio a Marassi  ne rifilò addirittura tre ai suoi ex compagni.

Il secondo “colpo” venne messo a segno nove anni dopo dalla Juventus che Omar Sivori aveva dovuto lasciare per responsabilità di Heriberto Herrera e che per sostituire il campione argentino fece arrivare dalla Samp un giocatore tanto geniale quanto strambo e ingovernabile. Era Roberto Vieri, detto Bob, ovvero il padre di Christian anche lui destinato a vestire la maglia bianconera. Giocava con i calzettoni alla “cacaiola” come Omar e per talento innato lo ricordava da vicino. Troppo innamorato delle donne e dei superacoolici fallì miseramente l’esame più importante della sua vita professionale.

La storia comunque regalò altre pagine illustri e anche più recenti. Francesco Morini, Jugovic, Lombardo, Vierchowood in bianconero, tanto per citare i più celebri, ed ex juventini come Zanone e Marocchino in blucerchiato. Lo zenit, comunque, venne toccato con il trasferimento da Genova a Torino di Gianluca Vialli destinato a diventare un totem di casa Juventus. Una scelta dolorosa per Paolo Mantovani, il presidente doriano dello scudetto il quale non avrebbe mai voluto separare il bomber dal suo “gemello” Roberto Mancini. In verità Boniperti li avrebbe voluti entrambi alla Juve, ma per Mantovani sarebbe stato troppo. Decise di tenersi quello che per lui era un figlio adottivo.

Il feeling non si interruppe mai. Lo stesso Marcello Lippi, l’uomo degli scudetti come Trap e Conte e allora Allegri, era un frutto della scuola doriana e innamorato della “sua” Genova dove conobbe e sposò Simonetta. Così com’è bene ricordare che l’attuale allenatore della Samp, il bravo Giampaolo, venne superato soltanto sul filo di lana da Antonio Conte nello sprint verso la panchina bianconera.

Non solo giocatori, comunque, nell’andirivieni tra il mare e le montagne. Marotta e Paratici, infatti, sono stati gli ultimi due “acquisti” che la Juventus è riuscita a realizzare nella boutique delle preziosità doriane. Forse, ma anche no, i due colpi più importanti e fruttuosi visti i risultati ottenuti dalla società bianconera dal loro arrivo sino a oggi.