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Tra pochi giorni riapre il calciomercato. Un evento, quello invernale, il cui aspetto è quello più di un suk mediorientale che non di un evento a progetto ragionato. Non per nulla si chiama “esame di riparazione”. Un’operazione di corsa a rimediare nella quale si può confidare ben poco perché, salvo casi rari e fin eccezionali, ha sempre prodotto risultati modesti. In ogni caso tifosi e fantacalcisti sono già in legittima fibrillazione. Anche quelli della Juventus i quali avrebbero in animo che Giuseppe Marotta fosse in grado di portare a compimento operazioni di “grandeur” che ragionevolmente potranno concretizzarsi soltanto a fine stagione grazie ad un lavoro meno avventuroso e più meditato.

Intanto, in questi giorni di pausa e di (si spera) serenità natalizia, mi piace ricordare che il più bel colpo di mercato la Juventus riuscì a realizzarlo cinque anni e quattro mesi fa. Era l’otto settembre 2011 e il popolo bianconero venne convocato in quell’angolo di Torino dove, fino a qualche tempo prima, esisteva una struttura sportiva tanto ciclopica quanto imbarazzante proprio per gli scopi in virtù della quale era stata costruita. Si chiamava “Stadio delle Alpi”. Era il figlio di interessi anche molto sospetti pubblici e privati da prima Repubblica nato per soddisfare la megalomania e l’avidità di coloro che erano stati chiamati per organizzare il Mondiale di pallone in Italia. Un tempio al business, gelido in inverno, bollente in estate dove i calciatori visti da lassù con in mezzo una pista di atletica mai usata sembravano nani bagonghi. In insulto alla gente. Che, mica fessa, disertava.

Ebbene, quella sera dell’otto settembre la voce del presidente Andrea Agnelli risuonò potente e gonfia di orgoglio non solo bianconero ma sportivo a tutto tondo: “Bentornati a casa” disse nel microfono il figlio di Umberto e nipote dell’Avvocato. Mai frase fu più azzeccata e ricca di premonizioni positive. Le quarantuno mila anime che popolavano, in ordine e in comodità quel nuovo teatro calcistico, ebbero il modo di percepire che da quel giorno frequentare nuovamente lo “Stadium” sarebbe stato un piacere antico corroborato dal gusto di un buon futuribile. Non più uno stadio qualunque, ma un impianto di proprietà. Ovvero il punto di partenza indispensabile a ciascuna società seria per dare un senso alla salvaguardia del calcio di domani con un occhio vigile al profitto aziendale e con l’altro egualmente attento al bene dei fruitori terminali ovvero il pubblico.

Ma il vero salto di qualità tecnico e sociale è rappresentato da ciò che le telecamere delle televisioni assortite inviano nelle case ogniqualvolta trasmettono in diretta dallo “Stadium”di Torino. Più che non da altrove il regista si sofferma e insiste su immagini che regalano volti di ragazzini in festa e anche di bambini e persino di neonati che, beati loro, dormono tra le braccia della mamma impegnata a fare un tifo discreto per non svegliare il pupo. Nessun atto di violenza se non, davvero una tantum, quando riescono ad entrare chissà come pochi ma feroci delinquenti che spaccano i cessi e divelgono gli strapuntini. L’opera costante e attenta degli steward che consente al Ministro degli Interni di non gettare denaro per militarizzare uno stadio è un altro punto di onore. Come gli spettacoli di luci e di suoni che consente di far passare il tempo senza annoiarsi prima della partita e di allestire autentici happening. La possibilità di arrivare e poi di potersene andare, ordinatamente, senza dover farsi venire l’esaurimento nervoso da code chilometriche non è cosa da poco. Proprio come a teatro o come al cinema. Un appuntamento per famiglie, insomma, e a misura di tifoso autentico E le famiglie sono tornate a riafferrare, con amore e con passione, quel calcio che era stato loro scippato. E i tifosi fanno i bravi. Come una volta.

Certamente i biglietti per entrare allo “Stadium” non costano poco. Anzi quelli per vip valgono oro. Ma essendo appunto vip non soffrono.  Eppoi hanno ance un ricco buffet garantito. Del resto un qualsiasi spettacolo degno di tale nome e da viversi in un luogo di eccellenza comporta un onere economico superiore alla media ma comunque conforme al rapporto tra qualità e prezzo. Andare al Circo Orfei, con tutto il rispetto per la simpatica famiglia circense, e andare al “Cirque du Soleil” non è la stessa cosa. Ultima annotazione. In cinque anni e mezzo e nel “suo” Stadium la Juventus è tornata a vincere tutto quello che c’era a disposizione. Forse neppure questo è un evento casuale.