commenta

Ciò che ho sempre giudicato perlomeno odioso, durante il percorso professionale, è stato il dover fare a sportellate con quei giornalisti i quali per esternare le loro pur legittime opinioni si sentono obbligati a tirare per la giacca altri colleghi a loro modo di vedere “colpevoli” di partigianerie assortite e di operazioni editoriali distorsive rispetto alla realtà. In quarantantacinque anni di carriera, senza mai aver ceduto al comodo fascino delle lobby, ho sempre cercato di evitare quelle forme di bagarre dialettiche “inventate” da quella vecchia volpe di Biscardi non tanto per convinzione ideologica quanto per ragioni di audience. Una scelta che mi ha permesso non di rimanere vergine e innocente in questo mondo di palta che è anche quello del calcio, ma perlomeno minimamente in pace con me stesso e con la mia filosofia voltairiana. Poi si cresce, si invecchia, si contano i segni delle ferite frutto di mille battaglie, si dovrebbe aver raggiunto un livello di saggezza accettabile per realizzare che in ogni caso ciascuno di noi ha partecipato ad una guerra senza soluzione perché già scritta a prescindere da tutti i nostri inutili sforzi finalizzati a cambiarla. Così, stanchi di zuffe prive di senso, avremmo il dovere sacrosanto di dichiararci tutti responsabili del caos ordinato che ci ha visti e che ci sorprende ancora come protagonisti. Noi operatori dell’informazione, specialmente, spesso “utili idioti” di movimenti truffaldini diventati Sistema. Soltanto un lenzuolo non ha tasche e soltanto un personaggio vestì a quel modo, duemila e diciassette anni fa.

Forse l’ho fatta un po’ lunga, ma ritengo sia stato necessario per capire la ragione che mio malgrado mi spinge a una replica rispetto a ciò che tre colleghi di lungo corso e di puntuale frequentazione in giro per il mondo hanno esternato con eccessiva disinvoltura e con malcelato livore rispetto a un argomento che, trattandosi di pallone e soprattutto di Juventus, coinvolge parecchi milioni d persone. Il via è stato dato da Varriale il quale, come dipendente di un ente statale come la Rai, dovrebbe intendersi parecchio di “poteri forti” e del loro modo di gestire l’azienda. Sicchè dovrebbe tacere per pudore. Ha fatto seguito Pistocchi strumentalizzando dichiarazioni di Caressa riferita al periodo di Calciopoli, il quale come elemento fondamentale per la squadra dei “network”, dovrebbero conoscere alla perfezione i meccanismi che regolano le “oligarchie” editoriali. Idem. Ebbene, per ciascuno di questi colleghi più giovani (ma soltanto per pochi anni) il tempo della saggezza non sembra essere arrivato per suggerir loro quanto mai sia azzardata la separazione tra Male e Bene in un mondo, come quello del calcio, dove e scusate se mi ripeto nessuno viaggia con addosso un lenzuolo senza tasche.

Il Male odierno in questione, incarnato in un pallone, sarebbe la Juventus i cui successi, “moviola alla mano” secondo Pistocchi, sarebbero frutto di una forza economico-finanziaria e di plagio psicologico senza eguali nel nostro Paese. Una tesi che denunciare come “dietrologia” da prima Repubblica è fin poco e che non trova riscontri probatori da nessuna parte se non nella fantasia distorta di coloro i quali la promuovono. Come voler sostenere che l’Inter di Angelo Moratti o il Milan di Berlusconi vincevano perché così stava scritto sul copione del Potere e non perché, come era vero, lo meritavano per la loro innegabile superiorità sportiva. Se poi ad avere la meglio sono sempre i più ricchi occorre renderne atto perchè, purtroppo, è la regola ingiusta di questo mondo imperfetto e non solo del calcio. Non a caso esempi come il Cagliari, il Verona, la Lazio vanno catalogati sotto la vice “miracoli”.

Ma non è tanto questo aspetto della questione che mi ha spinto, una tantum, a scendere in campo quanto “l’accusa” (leggi qui) che Pistocchi tra le righe di un Twitter della serie “Juve di oggi come quella del 2006” ha formulato al quotidiano “ilBiancoNero.com” che ho il piacere e l’orgoglio di dirigere. Il paragone usato dal collega, il quale ci ha voluto sovrapporre al Kgb dei tempi di Stalin, è davvero orrendo oltreché oltraggioso. A parte il fatto che né io e né i miei ragazzi in gamba abbiamo mai “studiato” per lavorare nei “servizi di intelligence”, il giornale che ogni giorno cerchiamo di regalare in Rete a tutti gli appassionati e non soltanto ai tifosi bianconeri non ha da spartire manco la punteggiatura con fenomeni editoriali tipo “La Pravda”. Un quotidiano, il nostro, nato meno di cinque mesi fa (non nel 2006) che fin dal primo numero ha dichiarato la ferma intenzione di essere “libero e senza padroni”. Mai servi di nessuno e neppure condizionati da alcuno. Manco dalla stessa Juventus con la quale, volutamente, vogliamo avere un rapporto di critica costruttiva. Siamo al servizio della gente e basta. Del popolo, insomma. Quello che era certamente obbligato a credere in ciò che scriveva la Pravda ai tempi di Stalin, ma anche il Clarin in Cile durante la dittatura di Pinochet, e in ciò che mostravano e dicevano gli uomini-megafono di Emilio Fede dal Palazzo Mediaset del quale lo stesso Pistocchi faceva e fa parte.