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Tredici trofei conquistati con la maglia della Juventus, uno - la Coppa del Mondo del 1982 - con quella della Nazionale: alle spalle di Antonio Cabrini c’è la carriera di uno dei giocatori più vincenti del nostro calcio. Dal 2012, l’ex terzino bianconero si è reinventato come c.t. dell’Italia femminile, contribuendo alla crescita di un movimento finora colpevolmente “dimenticato”. Di questo e di molti altri temi, Cabrini ha parlato in esclusiva a ilBiancoNero.com. Tra Allegri in versione Trapattoni e il ricordo, sempre vivo, dello stadio Heysel.

Come sta andando l'esperienza come c.t. della Nazionale femminile, arrivata al quinto anno?

Sicuramente positiva per i passi che sono stati fatti, con la spinta di tutti, da parte della Federazione e anche dal sottoscritto che ci ha messo molto del suo. Si sta pian piano delineando un futuro migliore per tutto il movimento, anche se siamo indietro rispetto ad altre Nazioni che sono arrivate prima. È un progetto a medio-lungo termine, diciamo.

A luglio al via l'Europeo in Olanda, l'Italia è in un girone non facile, contro Germania, Svezia e Russia: come arrivano le Azzurre a questo impegno?

Il grande risultato è quello di essere qualificate. Hanno già raggiunto un grande traguardo entrando nella top 16, sappiamo di avere un girone molto difficile con due squadre che hanno disputato la finale Olimpica in Brasile un anno e mezzo fa. Però ce la giochiamo con tutti: poi se succede il miracolo, sarà un altro passo per la crescita.

ll calcio femminile in Italia ha quasi 50 anni di età: perché pensa che ancora faccia fatica ad emergere e che solo determinati club (pensiamo a Fiorentina, Brescia, Verona) abbiano un settore di alto livello?

Perché in fondo è imprescindibile che il calcio femminile vada a braccetto con gli staff maschili. Però si può notare un sempre maggiore interesse da parte dei top club di Serie A - Juve in primis - a dotarsi di un settore femminile.

La Juve femminile è appunto in crescita, ha giocato un buon campionato di Serie B quest'anno. Secondo lei è un salto di qualità necessario per un top club introdurre una squadra di calciatrici? Si pensi al Real Madrid, finalista in Champions League, che di fatto ha deciso soltanto negli ultimi mesi una simile rivoluzione.

Eh, ma in Spagna ci sono comunque Atletico e Barcellona che hanno squadre femminili di alto livello. C’è molto spazio e gli altri si stanno adeguando. A breve vedremo le più grandi squadre italiane che parteciperanno al campionato di Serie A femminile. Senza togliere niente alle altre, ad esempio il Sassuolo: molte squadre si sono attaccate al concetto di calcio in rosa. 

Passando alla Juve maschile, lei ha vinto tutto con un allenatore leggendario come Trapattoni. Dove si può collocare un tecnico come Max Allegri all'interno della storia di questo club?

Chi vince è bravo, i risultati danno sempre un giudizio chiaro su un allenatore. Allegri è stato bravo, dopo essere arrivato con diffidenza da parte di tutti ha voltato pagina. E’ riuscito a cambiare e superare l'atteggiamento che aveva il suo predecessore. Non era facile, anche Antonio Conte è vincente ed entrare in un ambiente vincente non è mai scontato.

Lunedì saranno trascorsi 32 anni dagli eventi dello stadio Heysel. Cosa si ricorda di quella sera?

Purtroppo è stata una sconfitta del calcio in generale. Non si è tenuto conto di situazioni, violente, che sulla carta potevano compromettere la partita, come in effetti è accaduto.

Il suo ex compagno di squadra Marco Tardelli ha più volte detto che quella Coppa quasi non la sente sua. Qual è la sua opinione?

Bisogna considerare che la partita è stata giocata sia da noi che dal Liverpool senza essere condizionati. Poi è chiaro che il risultato passa in secondo piano vedendo quello che è successo. Però penso che i due aspetti debbano essere tenuti separati.