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Mancava soltanto la presentazione, momento atteso da tutti i tifosi rossoneri, per fare di Leonardo Bonucci un nuovo difensore del Milan. La sequenza, simile a molte altre viste in questa sorprendente campagna acquisti di Mirabelli e Fassone - con quel tormentone “passiamo alle cose formali” che tanto fa ridere e godere il popolo del Diavolo - ha però riservato un altro passaggio a vuoto del numero 19.

DUE CIFRE - Già, il 19. Quelle due cifre che - “entrato in punta di piedi nello spogliatoio”, come tiene a ribadire il diretto interessato - Bonucci ha tolto dalle spalle di Franck Kessié. E’ a quel numero che, parole sue, ha “fatto affidamento nei momenti difficili”. E la frase appare (come minimo) enigmatica, soprattutto alle orecchie dei tifosi della Juventus. Cosa vuol dire “fare affidamento su un numero”? Davvero dobbiamo credere che nelle ore più buie della carriera e della vita personale, l’unico appiglio del guerriero Leonardo sia stato un mero uno-nove? Un simbolo quasi da cabala, da superstizioni spicciole, da limitare al massimo a pochi gesti scaramantici prima e dopo una partita.

QUALCOSA DI DIVERSO - No, è troppo facile parlare così adesso. Dopo sette anni di (pochi) scivoloni e (molti) trionfi, in cui il sostegno da parte della gente bianconera non è mai mancato. Neppure nelle situazioni più complicate, da un punto di vista sportivo e umano: la Juve c’è sempre stata, a livello dirigenziale e a livello “di curva”. Quella stessa curva in cui, in una sera da squalificato, Bonucci sventolava le bandiere per inneggiare ai propri compagni. Uno juventino tra gli juventini: questa l’illusione che ha ingannato tutti. Passi il trasferimento-lampo, passi la rottura con lo spogliatoio e passi la fascia da capitano: ma l’ipocrisia no. Bonucci ha dato molto alla Juve, ma in cambio ha ricevuto moltissimo. Adesso, invece, ha deciso di essere qualcosa di diverso: soltanto un numero.


@mcarapex