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E’ forse un paradosso, per una squadra il cui motto recita “vincere è l’unica cosa che conta”, trovare il proprio punto di forza dentro le partite perse. La Juventus di Allegri nasce letteralmente dalla sconfitta, dai crolli più fragorosi, dalle debacle più inaspettate. Non si tratta di un semplice talento nel rialzarsi dopo essere caduta, quanto di una vera e propria evoluzione che si presenta ciclicamente in seguito a una delusione. E’ accaduto con la prima Juve del tecnico livornese e più volte nel percorso che l’ha condotta a vincere tre double consecutivi. Il potenziamento è arrivato puntuale anche quest’anno, sotto forma della solita svolta tattica: c’è però una differenza importante, che potrebbe cambiare radicalmente la stagione bianconera.

SCONFITTE E CAMBI - Tre schiaffi a Marassi hanno funzionato un’altra volta da trampolino per la rivoluzione tattica di Allegri. Era accaduto nella scorsa stagione contro il Genoa, con un primo risultato poco convincente: i lampi della Sampdoria di Giampaolo (rispettivamente gol numero 12, 13 e 14 subito dalla Juve in questo campionato) sono stati se possibile ancora più efficaci nel dare il la al cambiamento. Nonostante la conferma del 4-2-3-1 come modulo di partenza anche nella gara di Champions contro il Barcellona, a tre giorni dalla batosta contro i blucerchiati, la trasformazione è arrivata rapidamente. Prima l’inedito 3-4-3 visto con il Crotone, quindi il passaggio al 4-3-3 contro Inter, Bologna e Roma. Sarebbe però troppo facile vedere nel nuovo modulo - al netto della fluidità di una formazione in grado di muoversi in fase di possesso come un 3-3-4 - una scelta definitiva. Perché Allegri ha dimostrato come forse mai prima d’ora l’intenzione di preparare i match sull’avversario, adattando la Juve alle debolezze di chi ha davanti. Ecco quindi riproposto il “modulo a cinque stelle” contro l’Olympiacos, dopo aver anestetizzato il Napoli con un compatto 4-4-2. Tutte le varie possibilità si vanno quindi ad aggiungere al repertorio di una squadra piena di alternative, arrivata a 8 clean sheet di fila. La profondità della rosa è in questo senso fondamentale, pur aggiungendo alcuni nodi relativi agli esclusi (né Douglas Costa né a maggior ragione Dybala potranno proseguire con questa trafila di panchine, che potrebbe trasformarsi in un problema già nel breve-medio periodo).

Dalla prima rivoluzione nel 2014 alla nuova svolta: la Juve si evolve dopo le sconfitte. Sfoglia nella nostra gallery i cambiamenti della gestione Allegri.