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Molto è stato fatto, a questo punto della stagione. Pronunciare la parola “triplete” sarebbe bello ma azzardato sotto il profilo scaramantico. Meglio tacere. Pensare che un evento del genere sia possibile, però, non è peccato. Del resto carta canta, come si dice. E, dopo Barcellona, il sogno della Champions non è un miraggio, insieme alla certezza dello scudetto e alla quasi probabilità della Coppa Italia. Domani, poi, una volta resi edotti sul nome e sul valore del prossimo avversario europeo la Juventus e il suo popolo potranno capire se sarà il caso di continuare a pensare alla grande o se, in caso di incrocio con il Real di Zidane, dovranno prepararsi con grandissima cura a quello che con anticipo sarebbe davvero l’ultimo scontro finale tempestato di trappole e di pericoli assortiti tipo le bombe di CR7. Di certo i futuri e possibili avversari hanno motivi di preoccupazione molto più profondi di quelli che possono avere in animo i bianconeri.

Ieri contro il Barca la squadra torinese ha dimostrato al mondo di essere veramente una macchina da guerra unica nel suo genere. Figlia e frutto di un teorema studiato nei minimi particolari dal suo architetto Massimiliano Allegri il quale, ad un certo punto della stagione, ha pensato bene di mischiare il mazzo delle carte e di sparigliare persino se stesso “reinventando” il suo progetto di uomini e di gioco e dimostrando a quel modo di essere una persona anche molto intelligente oltreché un tecnico ben preparato. L’ultimo esempio di quella che può ben essere definita perfezione tecnico-tattica è stato fornito ieri sera al Camp Nou dal quale solitamente è rarissimo che la squadra catalana esca senza almeno aver segnato una rete. Che Messi e compagni non abbiano demeritato lo hanno sancito gli stessi tifosi spagnoli i quali, a eliminazione avvenuta, hanno reagito in maniera sportivamente fantastica agitando le migliaia di bandiere che erano stato fornite loro per la coreografia. Un esempio di civiltà davvero esemplare. Nessuno di loro, comunque, ha fischiato la Juventus essendo ciascuno consapevole che i bianconeri avevano meritato in pieno quel pareggio trionfale. 

A questo punto sarebbe molto facile e anche comodo saltare sul carro dei vincitori e lasciarsi portare sulla vetta più alta del monte. Così come sarebbe doveroso, volendo dare a Cesare ciò che è di Cesare, indicare Massimiliano Allegri come il maggior artefice di questa marcia devastante e quindi chiudere definitivamente il discorso relativo alla sua permanenza ad oltranza sulla panchina della Juventus. Un evento che quasi sicuramente si realizzerà se tutto alla fine su concluderà con i “desiderata” della società e della piazza tifosa e se, soprattutto, una eventuale e ancora possibile rivoluzione ai vertici bianconeri non farà seguito alla ventilata Opa che la Exor si preparerebbe a lanciare. Rimuovere un allenatore ultra-vincente al pari del leggendario Mourinho, se le cose resteranno come sono ora, parrebbe operazione alquanto bizzarra.

Resta il fatto, oggettivamente incontrovertibile, che la figura e il lavoro di Allegri anche calati nei successi quasi miracolosi non riescano ad affrancarsi da un senso di diffusa freddezza tipica dell’intelligenza artificiale che permette ad una macchina di funzionare in maniera perfetta senza però riuscire a scaldare il cuore. D’altro canto è lo stesso tecnico livornese ha confermare il suo teorema quando invita il pubblico ad “andare al circo” se vuole divertirsi. E’ vero che nel calcio, come nella società contemporanea tutta tesa alla sola ricerca del risultato concreto, conta soltanto vincere. Però, trattandosi ancora di spettacolo e fino a prova contraria, il gioco del pallone dovrebbe riservare per chi lo guarda e per chi si appassiona almeno un minimo di cuore e di sentimento. Anche sulle macchine da guerra vivono uomini e non robot. Gli uomini che, pur uscendo dal campo sconfitti come è capitato ieri ai catalani, ricevono l’abbraccio cosmico del pubblico. Perché erano stati eliminati da un teorema matematico perfetto ma privo di cuore. Comunque, da oggi, non chiamiamolo più conte Max. Allegri, dopo aver letto il Machiavelli, ha il diritto di essere definito Principe.