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Sospinto con assoluta autorità dal “motore” il cui perfetto funzionamento ha garantito l’opportunità di scrivere la leggenda dei “sei scudetti” consecutivi, anche lo “Stadium” si è legittimamente ritagliato il diritto di venir indicato come un’entità che “esiste” oltre il suo scopo di impianto sportivo. E’ scientificamente provato che anche le cose “inanimate” possiedono la facoltà di “comunicare” grazie all’assorbimento delle vibrazioni empatiche le quali arrivano a loro dall’ambiente. L’abbracciare un albero o il manipolare pietre e cristalli rappresentano ingaggi terapeutici riconosciuti dalla contemporanea psicologia e non solo dalle filosofie panteiste. Anche uno stadio, dunque, può avere un anima. Non tutti, si capisce, ma alcuni sì. Quello di Torino e della Juventus appartiene a questa rara e preziosa categoria.

Dal giorno della sua fondazione e risorto dalle ceneri di quel “Delle Alpi” che mai era riuscito a metabolizzare il tifo della gente per trasformarlo in energia positiva, lo “Stadium” fin da subito è stato vissuto come una sorta di tempio laico all’interno del quale il popolo bianconero non si limitava ad assistere semplicemente a una partita di pallone. Strada facendo, successi dopo successi, l’impianto sportivo ha assunto una valenza speculare a quella dei grandi e storici teatri mondiali. Da “La Scala” di Milano alla “Fenice” di Venezia. Dal “Coven Garden” di Londra al “Metropolitan” di New York. In ciascuno di questi luoghi gli spettatori entrano quasi con soggezione per poi assistere allo spettacolo con un atteggiamento quasi sacrale. Ed è esattamente ciò che accade quando la Juventus gioca nella sua “casa” con la sola differenza  che, giustamente, al posto dell’applauso c’è la bolgia.

Dal primo di luglio lo “Stadium” cambierà ufficialmente nome. Il contratto stipulato dalla Juventus con l’Allianz prevede infatti che l’impianto sportivo bianconero assuma la “griffe” della potente multinazionale la quale, peraltro, ha già battezzato altri e importanti stadi nel mondo come, per esempio, quello dove gioca il Bayer di Monaco. Per carità nessuno si dovrà scandalizzare perché una delle funzioni primarie  delle contemporanee strutture calcistiche è quella di portare denaro nelle casse dei proprietari. In ogni caso, a mio avviso, il presidente Andrea Agnelli e i suoi collaboratori che lavorano nella divisione del marketing dovrebbero preoccuparsi oltreché di onorare l’impegno assunto con il nuovo partner anche di salvaguardare l’identità di Casa Juventus e dei suoi tifosi uniti indiscutibilmente e per sempre dal filo  dell’appartenenza.

Potrebbe sembrare un gesto unicamente formale, ma in realtà se soltanto i vertici bianconeri trovassero il modo di “personalizzare” il nuovo nome affiancando per esempio all’Allianz anche semplicemente una “J” (non siamo esperti del settore ma immaginiamo che gli addetti ai lavori saprebbero o sapranno quale formula trovare) si tratterebbe di un bel regalo per la gente juventina e persino di un atto dovuto verso coloro che con la loro energia positiva hanno alimentato l’anima dello “Stadium” rendendolo protagonista della leggenda Juventus.