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Giusto non cambiare, sacrosanto proporre lo stesso programma tattico che l’altra volta ha permesso alla Juventus di Allegri di conquistare il successo per 3-0 contro il Barcellona. Stesso assetto, stessa mentalità, stessi interpreti. Ma non è così scontato come potrebbe sembrare, non è solo per la legge non scritta che recita “squadra che vince non si cambia”.

Se la Juve si ripresenterà anche al Camp Nou adottando l’identico sistema a cinque stelle che ha retto il confronto pure con la rete avvolgente e tentacolare del Barça, sarà la conseguenza di un percorso di crescita lineare e costante, un cammino che arriva da lontano, che ha trasformato la Juve anno dopo anno in ciò voleva diventare, ovvero una squadra davvero all’altezza delle sfidanti di Champions.

I risultati hanno confermato quello che pareva evidente ma non ancora condiviso. Ci voleva la vittoria dei quarti di andata per convincere i più scettici che questa squadra – grazie agli interventi programmati sul mercato anno dopo anno, grazie all’esperienza fatta sul campo in Champions, dopo una finale persa e un’uscita amara a spese di un fortissimo Bayern – potesse infine apertamente schierarsi nella ristretta cerchia delle favorite assolute. Vidal o non Vidal, Pogba o non Pogba.

E così il fatto di poter viaggiare verso Barcellona a testa alta, proponendo una squadra basata su solide certezze tecniche e tattiche acquisite sul campo, rappresenta qualcosa di molto importante se non di inedito per un squadra italiana. In altre parole: era da molto tempo che questo non accadeva.

Certo, si tratta di una consapevolezza fondamentale anche se appena acquisita. Tanto che l’incertezza legata alle condizioni di Dybala ha rischiato di incidere pesantemente. Il limite è appunto quello legato alla condizione dei singoli, relativamente a un format che è stato provato in corsa dall’allenatore, non previsto a inizio stagione. Tanto che al momento, considerando l’indisponibilità di Pjaca, le cinque stelle non hanno intercambiabilità, non esiste una panchina attrezzata per questo. Togli Higuain e viene a mancare il principale riferimento offensivo, togli Mandzukic e perdi un interprete inimitabile tra la corsia sinistra e l’attacco. Togli Dybala e perdi l’imprevedibilità e la magia che nella sfida della scorsa settimana avevano messo alle corde i catalani. Tutte le altre soluzioni a cui lo stesso allenatore deve far ricorso a gara iniziata (vedi Lemina sulla fascia sinistra) sono adattamenti al tema.

Dovesse mancare uno dei protagonisti, probabilmente Allegri opterebbe per un cambiamento tattico, tornerebbe alla Juve di inizio stagione, pur sempre solida e compatta ma sicuramente meno estrosa di questa.

In questa situazione, invece, con Dybala recuperato dopo il colpo subito alla caviglia contro il Pescara, con il resto della compagnia ancora psicologicamente esaltato per l’ultima prestazione di Champions, modificare gli equilibri non avrebbe alcun senso. Allegri ne è consapevole. Che poi in Catalogna possa valutare l’evolversi della situazione e regolarsi di conseguenza con il buon senso “italianista” che lo contraddistingue, è un altro discorso.