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Massimiliano Allegri ha ampiamente dimostrato di sapere il fatto suo e di essere sufficientemente attrezzato per affrontare anche quegli ostacoli che vanno oltre la siepe dell’impegno agonistico. Solitamente un qualunque allenatore di calcio quando si tratta di operare sulla parte più intima dei suoi giocatori se la cava dicendo: "Io sono pagato per farli lavorare e non per analizzarli come uno psicologo". Fortunatamente questa figura del mister tutto sudore e sangue non è più attuale come un tempo. Allegri con il suo lavoro da "lettino dello psicanalista" è riuscito, seppure con una certa fatica iniziale, a ricucire alcuni “strappi” i quali con il passare dei giorni avrebbero potuto compromettere la serenità dello spogliatoio impendendo alla Juventus di raggiungere gli obbiettivi fin qui centrati. 

Il caso Bonucci, ora definitivamente archiviato con buona pace per tutti, avrebbe potuto rappresentare la miccia che avrebbe fatto esplodere altre situazioni magari meno evidenti ma egualmente infiammabili. Quella tristezza latente dipinta sul viso di Dybala, per esempio, non lasciava presagire nulla di buono. Il tecnico bianconero ha compiuto l’operazione perfetta. Prima rivedendo se stesso e le sue idee originarie di formazione e poi investendo di queste nuove responsabilità ciascun giocatore per il quale, da quel momento, l’allenatore non era più un “ottuso sergente di ferro” ma un primus inter pares. 

Di qui il capolavoro che porterà la squadra bianconera a Cardiff con ottime possibilità di domare la banda di Zidane guidata da CR7 e di conquistare nella terra del grande e mai dimenticato John Charles la Coppa più bella d’Europa. Un sogno, realizzabile, ad una condizione. Quella che deve imporre a tutti i bianconeri, tifosi compresi, di fingere che la notte del Monaco non sia mai esistita e che quindi la loro “fame” non sia assolutamente placata. Questo dovrà essere il compito di Allegri nel corso dei giorni che dividono la sua squadra da due appuntamenti i quali dovranno fare da elastico per lanciare la Juventus versi il successo finale a Cardiff.

Roma e Lazio, in successione, e tutte e due da affrontare a Roma per poter fare il pieno di energia positiva e giusta. Quella che sarà indispensabile per ovviare al fatale dispendio di energie fisiche previste per la risoluzione delle pratiche scudetto-Coppa Italia. Contro i giallorossi di Spalletti la carica mentale dei bianconeri dovrà essere doppia perché altrettanto doppia sarà la soddisfazione di poter vincere il sesto tricolore consecutivo battendo una fra le avversarie che, insieme con il Napoli, ha tentato di sbarrare la via del trionfo. E lo farà, se lo farà come crediamo, su di un campo e davanti ad un pubblico che per l’ennesima volta dovrà prendere atto e ammettere che la superiorità della Juventus non è e non è mai stata frutto del caso e di favori assortiti ma di un’organizzazione generale che i giallorossi, intesi soprattutto come società, non sono mai riusciti a realizzare. Una bella soddisfazione per lo stesso Allegri il quale, vincendo, cancellerà del tutto le residue ma fragili ipotesi di un avvicendamento con Spalletti. 

Poi, con lo scudetto virtualmente sul petto, avanti con la Lazio di Simone Inzaghi per la Coppa Italia sostenuti dalla consapevole forza di essere oggettivamente più forti o comunque maggiormente esperti dei pur bravi ragazzi di Lotito. La seconda tessera del puzzle alle quali poter aggiungere quella più lucente e prestigiosa di una Champions che non è più soltanto un sogno. A un patto. Che nessuno, da oggi fino al dopo partita con la Lazio, pronunci mai le parole Zidane o Real Madrid.

@matattachia