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Ciascuna volta che la Juventus è costretta a scendere prematuramente dal treno che porta alla Champions, ecco filtrare dai sottoporta di qualche cantina velenosi spifferi i quali altro non sono che tentativi di gossip destabilizzanti. La “botta” ricevuta in testa dal Real, malgrado i velleitari pronunciamenti di “remuntada”, ha spinto qualche solito “bene informato” a presagire per fine stagione un autentico terremoto in casa bianconera con il conseguente sfaldamento delle colonne portanti individuabili in Marotta e Paratici e successivo effetto domino a scalare. Uno scenario, forse suggestivo per commentatori e aspiranti Nostradamus, supportato dal nulla e perciò assolutamente visionario.

Andrea Agnelli è “nato” con questa Juventus, è “cresciuto” anche grazie ai collaboratori più stretti i quali stanno lavorando con lui in maniera esemplare e, soprattutto, non ha alcuna intenzione di dismettere quel ruolo di presidente che è diventato con il passare degli anni il suo autentico e quotidiano lavoro. Come ciascun imprenditore saggio e illuminato, l’ultimo erede per nomenclatura anagrafica e morale della Famiglia, conosce bene le regole aziendali e sa che ribaltare filosofia e schemi pratici della struttura sarebbe come cantare il de profundis con tanti saluti a tutti. Nessuna rivoluzione, quindi, ma soltanto alcuni correttivi certamente non marginali ma semmai calati in profondità.

Il vero problema dunque non è legato ai nomi di Marotta, Paratici e dello stesso Allegri i quali un posto di lavoro non faticherebbero a procurarselo senza alcuna difficoltà. La risoluzione del teorema bianconero sta invece nelle mani di Andrea Agnelli e soltanto nelle sue. Quelle mani che, finalmente, dovrebbero allungarsi fin dentro la cassaforte di Famiglia e attingere quel che serve sul piano economico per garantire alla Juventus quel potenziale necessario per adeguarsi realisticamente e sportivamente alle altre grandi potenze europee come Real, Barcellona, Manchester e Bayern. 

Fino a oggi la società bianconera ha realizzato il proprio restyling usando i jolly forniti dalle grandi cessioni, come quella di Pogba, all’interno del proprio bilancio. Quest’anno non potrà darlo perché i presunti “tesoretti” come Dybala e Alex Sandro si sono fortemente deprezzati e gli altri cedibili porterebbero soltanto spiccioli in cassa. Ecco perché, per la prima volta nel corso della sua gestione, Andrea Agnelli sarà praticamente obbligato a  ignorare in una certa misura il libromastro delle entrate e delle uscite per adottare una politica economica che talvolta gli stessi zio Gianni e papà Umberto misero in pratica per assicurarsi, ad esempio, campioni come Platini e Sivori pagando di tasca loro. In questo modo Andrea dimostrerà quanto considera veramente la Juventus “sua” per dovere di eredità e per pulsione di amore. Sarà questa la vera rivoluzione.